Scuola

La scuola ha il dovere di aprire una finestra sulla complessità: niente pro life o integralisti in aula

Il 5 novembre prossimo avrò il piacere di partecipare al Kinest Fest, il Festival internazionale del cinema dei paesi dell’Est europeo, a Catania. L’inaugurazione si terrà il 28 ottobre, presso il CUT dell’Università degli Studi: una location istituzionale importante, che dimostra il valore culturale dell’evento organizzato dall’associazione Dolina Miru, animata dalle storiche attiviste Santina Arena e Chiara Platania.

Tornando al 5 novembre, si terrà la proiezione del film Without air della regista Moldovai Katalin, presente in sala. La trama, tratta da una storia vera, è quella di un’insegnante che, in una scuola ungherese, spiegando letteratura parla di poeti omosessuali. Si scatena la ferocia dei soliti genitori “pro life” che si opporranno alla docente, per una lezione ritenuta scandalosa e fuori contesto.

Una storia che coinvolge anche quanto accade nel nostro Paese, dove certe famiglie esercitano forme di ingerenza sempre più inaccettabili e illiberali, soprattutto in un contesto – come quello italiano – in cui la libertà di insegnamento è un valore costituzionale. E che apre una riflessione, in tal senso.

So già cosa diranno coloro che non sono d’accordo, i detrattori e chi si oppone a qualsiasi forma di percorso di rispetto delle differenze: la libertà educativa dei genitori è sacra e inviolabile. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nell’articolo 26, lo sancisce. Parimenti, l’articolo 33 della Costituzione stabilisce: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Due principi che devono essere rispettati seguendo un equilibrio in cui se da un lato si garantisce il tipo di istruzione che una famiglia vuole dare alla prole, dall’altra blinda la libertà del corpo docente. Il segreto, neanche a dirlo, sta nell’equilibrio tra queste due polarità. E nel rispetto della professione insegnante. Purtroppo la ricerca di questo equilibrio non c’è e si fa parlare, molto spesso, la pancia invece della ragione.

Fece molto scalpore, per fare un altro esempio, il caso della professoressa in un liceo in Florida licenziata perché ha spiegato il David di Michelangelo. Anche in quel caso, i soliti genitori ultraconservatori hanno gridato allo scandalo: in classe, hanno lamentato, non è possibile proiettare “materiale pornografico”. Sì, l’accusa fu quella. La libertà educativa di quella famiglia, incapace di distinguere tra Storia dell’arte e Youporn, è passata dal diritto di esercitare una forma di fanatismo. Vogliamo che accada questo anche qui da noi?

A scuola si può incontrare un ragazzo o una ragazza cresciuti in un ambiente familiare in cui si propugnano valori diversi da chi insegna. Ciò però non si deve tradurre in un divieto all’insegnamento o una contrazione degli argomenti da trattare. Accetteremmo che un percorso sulla libertà religiosa, ad esempio, subisca un arresto da parte di qualche fondamentalista che invece non ammette che vi siano altre fedi oltre la propria? Non si dovrebbe più parlare di pace in Medio Oriente o in Ucraina, durante l’ora di educazione civica, perché in aula potremmo trovare genitori filoisraeliani o filorussi?

La scuola ha il dovere di aprire una finestra sulla complessità, lasciando al/la discente l’opportunità di costruirsi una posizione individuale. Tale complessità prevede sia lo studio dei processi storici, sia l’analisi del presente. Insegnare, in letteratura, poeti come Verlaine e Rimbaud, ad esempio, e ricordare la loro relazione omosessuale significa aprire una finestra su tale complessità. Significa dire la verità. È bello studiare i carmi di Catullo per Lesbia. Ma è altrettanto importante ricordare, ai fini della correttezza biografica, che molte altre poesie erano dedicate all’amato Giovenzio. Far notare che la letteratura è stata al maschile per molti secoli per la struttura patriarcale della società – si veda il prezioso volume di Johnny Bertolo, Controcanone – non è un atto di indottrinamento, come amano ripetere pavlovianamente le realtà ultraconservatrici (e anti-gender), ma dare il quadro completo di un fenomeno storico-sociale ben preciso. Significa, appunto, insegnare. Nel senso etimologico del termine.

Il rischio che le associazioni pro life e cattolico-integraliste prendano piede nelle scuole, interferendo sui programmi scolastici, è molto alto, soprattutto con il governo di estrema destra di Giorgia Meloni. Gli effetti potrebbero essere quelli di andar contro le garanzie costituzionali. E la stessa libertà educativa, sul medio e lungo periodo. Restringere il campo delle cose che si possono insegnare o meno potrebbe toccare argomenti che ci danno fastidio oggi, ma che potrebbero toccare i valori in cui crediamo anche noi domani. Ed è un rischio che dobbiamo evitare, con ogni mezzo possibile.