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“La mia memoria è ferma al 1980, nella mia mente ho 23 anni. Quando mi sono visto allo specchio mi sembrava un film dell’orrore”: la storia di Luciano D’Adamo

Al suo risveglio all’ospedale Santo Spirito di Roma, dopo essere stato investito da un’auto, il tempo si era infatti fermato al 1980

di F. Q.
“La mia memoria è ferma al 1980, nella mia mente ho 23 anni. Quando mi sono visto allo specchio mi sembrava un film dell’orrore”: la storia di Luciano D’Adamo

Per Luciano D’Adamo, un incidente stradale nel 2019 ha segnato una cesura netta e dolorosa con il passato. Al suo risveglio all’ospedale Santo Spirito di Roma, dopo essere stato investito da un’auto, il tempo si era infatti fermato al 1980. “Quando il medico del pronto soccorso mi ha chiesto chi avvertire della mia famiglia, gli ho detto di chiamare mia madre. Lui mi ha guardato sorpreso”, racconta D’Adamo. “Per me, era il 20 marzo del 1980 e avevo appena 23 anni”. L’uomo, oggi 68enne, ha condiviso questa sua incredibile esperienza con Walter Veltroni, in un’intervista uscita sulle pagine del Corriere della Sera in cui ha raccontato la sua perdita di memoria e il viaggio di ricostruzione di una vita interrotta.

Dopo l’incidente, era infatti convinto di essere un giovane ventitreenne, fidanzato con una ragazza di diciannove anni e in procinto di sposarsi: “Il medico mi ha chiesto se ero sposato, e gli ho risposto che lo sarei stato il 20 luglio. Pensavo a Tina, la mia fidanzata dell’epoca”. Quando una donna gli è apparsa in ospedale chiamandolo per nome, Luciano ha pensato fosse sua madre. Ma quella donna era proprio Tina, sua moglie ormai da oltre 39 anni, che ora non riusciva a riconoscere: “Quando è entrata e mi ha chiesto come stavo, non l’ho riconosciuta. Ero certo che fosse un’altra paziente”, racconta. Poco dopo, la stessa scena si è ripetuta con il figlio, Simone, che Luciano ha scambiato per uno sconosciuto: “Pensavo fosse un matto quando mi ha detto ‘ciao papà’. Lui aveva trent’anni, come poteva essere mio figlio se io ne avevo solo ventitré?”

L’impatto con la realtà è stato ancor più devastante quando Luciano ha visto la sua immagine nello specchio: “Mi sembrava di essere in un film dell’orrore. La persona riflessa era un anziano che non riconoscevo come me stesso”. Solo dopo, con pazienza, i medici e la famiglia hanno tentato di spiegargli che si trovava nel 2019 e non nel 1980: “Mi hanno detto che avevo 63 anni, non 23, e che ero padre di due figli. Ma io non avevo alcun ricordo di quei 39 anni. Mi sembrava impossibile che quella fosse la mia vita”. Grazie al supporto delle dottoresse Incoccia e Lucarelli all’Istituto Santa Lucia, ha iniziato un percorso di recupero dei ricordi. “Abbiamo usato fotografie, video, e documenti per aiutarmi a ricostruire la mia vita”, spiega ancora. Ricordi preziosi riaffiorano, seppur in forma frammentata: “Uno dei primi flash è stato il suono di una canzoncina che ricordavo di aver cantato con una signora in un villaggio turistico in Sicilia. Mia moglie mi ha mostrato le foto di quella vacanza e ho riconosciuto il vestito della nostra amica. Era come vedere un film sgranato“. Con pazienza, ha anche ricordato i momenti dei parti dei suoi figli, Simone e Marco, descrivendo dettagli che aveva vissuto intensamente senza saperli collocare nel tempo.

Anche la nuova realtà che Luciano ha trovato è stata uno choc per lui: “Mi mancavano le parole. Le auto erano enormi, piene di dispositivi. Mi sono chiesto se quella freccetta sullo schermo ci stesse seguendo”, racconta. Simone gli ha spiegato che si trattava di un navigatore satellitare: “Non riuscivo a credere che un ‘Tuttocittà vivo’ ci stesse guidando”. Le cose comuni per chi vive nel 2024 – cellulari, computer, persino il design dei televisori – erano per Luciano delle stranezze: “Quando sono arrivato a casa, ho visto uno scatolone nero che pensavo fosse una cassa. Poi ho capito che era un televisore. Quando ero giovane, la tv a colori era un lusso e la guardavo da un amico!”. Per non parlare poi di tutti gli avvenimenti storici: Berlusconi, le Torri Gemelle, Falcone e Borsellino, il Covid….

Il suo dolore non è solo la confusione; è l’assenza di ricordi significativi che ora non può recuperare. Ha scoperto, ad esempio, che sua madre è morta, ma non riesce a ricordare neanche il giorno del suo funerale: “È come se non ci fossi stato, come se quelle esperienze non mi appartenessero. Uno dei miei fratelli, addirittura, non l’ho riconosciuto”. Oggi guarda con consapevolezza alla sua memoria come un jukebox: “Gira, gira, e a volte si ferma su una canzone, un ricordo. Ma non so quando o come quel ricordo arriverà.” Dopo anni di riabilitazione, Luciano continua a scoprire pezzi della sua storia attraverso Google, Internet e la curiosità: “Se avessi avuto solo le enciclopedie, sarei ancora più vuoto di adesso”. Nonostante il suo buon carattere e la resilienza, l’assenza di quei 39 anni lo accompagna ogni giorno. “Non posso essere felice sapendo che ho vissuto solo un terzo della mia vita. Quegli anni sono come un vento che non riesco a trattenere. Solo la memoria è vita vissuta. Senza di essa, tutto vola via nel vento”.

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