Ambiente & Veleni

Lo chef Federico Fusca: “In Africa con Amref ho capito l’impatto devastante del nostro stile di vita sul Pianeta”

Il cuoco ha realizzato un documentario con la Ong: "Le alterazioni del clima si ripercuotono sulla vita sociale, sulla disponibilità di cibo – se non piove non possono coltivare – ma, soprattutto, sull’accesso all’acqua potabile"

“Un giorno siamo andati a fare una ‘cucinata’ insieme a delle persone in campagna, non pioveva da una vita, i banani ero secchi. A un certo punto ha cominciato inaspettatamente a piovere: ho visto donne che piangevano”. Non dimenticherà mai questa scena Federico Fusca, chef seguitissimo in tv e sui social (oltre due milioni tra Instagram e Tik Tok) e che, insieme ad Amref Health Africa, la più grande organizzazione sanitaria africana, ha raggiunto il Kenya per osservare la vita e l’alimentazione delle popolazioni locali e raccontare le azioni messe in campo dalla ong per supportare chi vive in questo territorio. Da questo viaggio è nato il documentario “Andiamo in Africa. In viaggio con lo Chef Federico Fusca” – un progetto di Amref Italia, prodotto da Jumpcutmedia per Warner Bros-Discovery, visibile su Discovery+, girato seguendo il filo rosso della tradizione gastronomica locale.

Qual è stata la vostra prima tappa?

Il mercato di Malindi, città costiera del Kenya. Insieme a Arthur Mwai, rappresentante di Amref e mia guida, siamo andati alla scoperta del mercato, il punto nevralgico della città. La cosa che mi ha colpito di più che l’ingrediente più presente in assoluto erano le verdure. C’era del pesce essiccato, ma di base carne e pesce non sono per tutti. Qui abbiamo preso gli ingredienti per realizzare il Pilau, piatto tipico a base di carne e riso, riservato per occasioni speciale. Un altro piatto tipico è fatto con platano, pomodori e peperoni. È quasi tutto a chilometro zero, sono tutti coltivatori, tranne per alcune verdure come un tipo di cipolla, che viene dalla Tanzania.

Dopo il mercato, la scuola. Cosa avete visto?

Siamo andati alla scuola di Bombi, dove il pranzo è fondamentale perché – una cosa che mi ha colpito molto – garantisce almeno un pasto sicuro al giorno ai bambini, ed è una leva importante che motiva i genitori a preferire per i propri figli la scuola ai campi. Ho cucinato insieme alle cuoche del posto uno dei piatti principali, ovvero il mseto: riso e fagioli cotti insieme con olio e sale. Ho preparato invece con i miei ingredienti i tartufini, un dolce al cioccolato, per i bambini. Presso due famiglie, poi, ho cucinato un altro piatto keniano, Ugali e Stew (polenta e spezzatino di manzo) e il Matoke, uno stufato di banane, brodo di manzo e verdure.

Lei ha potuto toccare con mano anche gli effetti della crisi climatica.

Le alterazioni del clima si ripercuotono sia sulla vita sociale, sia sulla disponibilità di cibo – se non piove non possono coltivare – ma, soprattutto, sull’accesso all’acqua potabile. La sfida principale è proprio l’esaurimento delle scorte d’acqua, che dipendono unicamente dalla pioggia. Tutti i soldi spesi per l’irrigazione inoltre sono sottratti all’istruzione, al cibo e alla qualità della vita della propria famiglia. Amref in questa zona implementa un progetto pilota che risponde alle necessità idriche sfruttando l’energia solare: con un sistema di pompe solari sarà aumentata la disponibilità di acqua dei pozzi, ad uso sia produttivo che personale per migliorare le condizioni di salute nel villaggio.

Ultima tappa del viaggio, lo street food di Malindi.

Sì: dalle omelette con patatine fritte e carne macinata, ai fagioli con cocco e chapati: piatti semplici, accessibili, che la popolazione del luogo mangia tradizionalmente per cena.

In che cosa questo viaggio l’ha cambiata?

Sicuramente ho riflettuto su come il nostro stile di vita abbia un impatto enorme rispetto al loro. Certo, tornato a Milano non ho potuto fare molto, però sto cercando di insegnare a mia figlia di sei anni – a cui ho fatto vedere il documentario – il concetto di spreco alimentare. E le ricordo che mentre lei piange se non ha il tablet a poche ore di aereo ci sono bambini che fanno sei chilometri per andare a prendere l’acqua.

Che riscontri ha avuto sui social network?

Qualcuno mi ha accusato di essere andato in Africa per farmi pubblicità, non è così. Io ho “sfruttato” il mio pubblico per portare un messaggio importante, d’altronde se non lo faccio così come lo faccio? Ho ancora voglia di collaborare con Amref, magari ci sarà un’altra tappa. In ogni caso quella in Kenya è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Abbiamo incontrato persone che ci hanno raccontato storie drammatiche, incontrato bambini che riempivano bottigliette d’acqua con la pioggia, eppure vederli sorridere a scuola davanti alla loro piccola ciotola di riso e fagioli mi ha commosso. Non c’è dubbio: quello che ti porti a casa, dopo un viaggio così, è sicuramente il valore della vita.