È innegabile: Giuseppe Conte non ha fatto una gran mossa dichiarando nel libro di Vespa, a ridosso delle elezioni in Liguria, che il “contratto” di Grillo con il Movimento andrebbe concluso o rivisto. Ora non è chiaro se è stata un’operazione studiata a tavolino per accendere polemiche a poche ore dal voto o qualcosa di casuale, ma è certo che l’espressione mal calcolata solleva un paio di questioni cruciali per il M5S.
Se l’uscita di Conte ha avuto un peso tale da scoraggiare il voto, allora c’è da chiedersi quanto Beppe Grillo sia ancora fondamentale per il Movimento. Significa che il suo ruolo non è poi così accessorio e che, volenti o nolenti, il fondatore ha ancora un’influenza su chi va alle urne. E, se così fosse, perché Conte avrebbe sollevato una questione così delicata proprio ora? Forse per consolidare una nuova autonomia di leadership o per tracciare una linea chiara con il passato? Quale che sia il motivo, la tempistica resta discutibile.
D’altra parte, se le affermazioni di Conte non hanno influenzato il risultato, allora la questione è ancora più complessa. Il Movimento potrebbe dover affrontare la realtà di un calo di consensi più drastico di quanto si volesse ammettere. Se in pochi mesi dalle Europee si dimezzano i voti sul territorio, l’ipotesi di un M5S in crisi appare più che concreta. Forse non è questione di Grillo ma è una questione di Conte, nel senso di Giuseppe, che ha avuto sì il “merito” di aver tenuto in vita un partito che altrimenti sarebbe scomparso, ma alla luce dei fatti essersi affidati a un leader popolare è stata una scelta sbagliata semplicemente perché la popolarità non è per sempre, scema, nel senso che cala, è destinata a scendere, tranne se ti chiami Maradona, Pelè o Gesù Cristo.
L’acclamazione di Giuseppe Conte a leader, in questo post di qualche mese fa, io l’avevo definita “una scelta facile” a un “problema molto difficile”.
C’è un detto cinese che in questo periodo mi viene spesso in mente e che più o meno suona così (viene adattato di volta in volta a ogni argomento): “il miglior momento per fare qualcosa era 20 anni fa, il secondo miglior momento per fare quella cosa è adesso”. Il miglior momento per rimboccarsi le maniche era il 2021 (quando si è acclamato Conte), il secondo miglior momento per farlo è adesso, anche con Conte che ha il compito di traghettare il partito verso una cosa, verso una qualsiasi cosa, che non prevede più lui né come presidente né come membro.
Grillo non ha tutti i torti se dichiara che il M5S è estinto, perché il M5S l’ha pensato lui, e non è più come l’ha pensato lui. Ma senza sconfinare nella metafisica ci vorrebbe un calcolo alla 21 grammi, bruciare il corpo del partito e vedere cosa resta, vedere se c’è ancora un’anima e quanto pesa. Questa tragica prospettiva con le elezioni alle porte in Umbria e in Emilia Romagna non è poi così lontana.