Dagli atti risulta che il cane a sei zampe abbia affidato incarichi alla società Equalize al centro dell'inchiesta. "Eni non era e non è al corrente di presunte condotte illecite, stanno emergendo dettagli in modo totalmente decontestualizzato", afferma un portavoce dell'azienda
Stefano Speroni, direttore degli Affari legali di Eni, è indagato per concorso in accesso abusivo in uno dei filoni dell’inchiesta di Milano sulla presunta associazione a delinquere dedita allo spionaggio tramite accessi illeciti alle banche dati pubbliche, capeggiata – secondo l’accusa – dall’ex poliziotto Carmine Gallo e dall’informatico Samuele Caramucci, entrambi agli arresti domiciliari. Venerdì Speroni è stato sottoposto a una perquisizione culminata nel sequestro dello smartphone: l’accusa riguarda un report redatto per “mettere in cattiva luce” l’imprenditore petrolifero Francesco Mazzagatti – amico dell’ex legale esterno dell’azienda Piero Amara – dal quale Eni si riteneva danneggiata.
Dagli atti risulta che il colosso di San Donato Milanese si sia rivolto alla Equalize, la società di Gallo e dell’ex presidente della Fondazione Fiera di Milano Enrico Pazzali, per sapere se Mazzagatti fosse coinvolto in vicende criminali. Il report, dal costo di cinquantamila euro, viene pagato da Eni nel gennaio 2023: secondo i pm, nel documento è confluito anche “materiale illecitamente acquisito”. Negli uffici della Equalize, si legge nelle carte, erano custoditi “atti riservati” del colosso petrolifero. “Eni non era (come non è) al corrente delle presunte condotte illecite attribuite a Equalize nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano”, ha puntualizzato il cane a sei zampe. In un secondo momento, un portavoce ha spiegato di non voler commentare “dettagli che in questo momento stanno emergendo in modo totalmente decontestualizzato” e ha confermato come Eni abbia “a suo tempo conferito a Equalize un incarico investigativo a supporto della propria strategia e difesa nell’ambito di diverse cause penali e civili, nonché verifiche procedurali su alcuni fornitori potenzialmente di rilevanza processuale. Non risultano sottratti o mancanti atti di Eni, altre informazioni riservate o commercialmente rilevanti, o effrazioni ai sistemi informatici della società”, ha concluso.
In una maxi informativa redatta a giugno dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Varese – il corpo di polizia giudiziaria che ha condotto le indagini – si ricostruisce inoltre “la presenza di soggetti legati all’intelligence israeliana presso gli uffici di via Pattari”, sede della Equalize a Milano. Il rapporto descrive come Calamucci e Vincenzo De Marzio, un altro degli indagati, nel febbraio 2023 abbiano incontrato “due uomini non identificati che rappresenterebbero un’articolazione dell’intelligence dello Stato di Israele“. Nell’incontro, si legge, Calamucci ha messo “a disposizione a nome del gruppo” ai due israeliani “i dati esfiltrabili dalle banche dati strategiche nazionali” e si è reso “disponibile alle attività d’intelligence richieste previo pagamento”. A loro volta, gli israeliani “propongono al gruppo una partnership anche per trasferire a quest’ultimo le informazioni eventualmente di interesse per il cliente Eni spa”.
Nell’informativa si cita anche un dialogo in cui “discutono dell’implementazione del database” con i “dati di tutti i prefetti e i magistrati“. Nell’intercettazione gli interlocutori fanno ricerche su una serie di nomi di magistrati o ex, in particolare della Procura di Milano (tra gli altri, i pm Laura Pedio, Paolo Storari e Francesco Greco). Nella richiesta di misure cautelari depositata a luglio, la Direzione distrettuale antimafia di Milano parla di una “cintura istituzionale” che “inconsapevolmente scorre attorno all’organizzazione e genera negli appartenenti a quest’ultima una forte sensazione d’impunità. Il “punto di forza” della banda, scrive il pm Francesco De Tommasi, è la “rete relazione di altissimo livello di cui beneficiano” Gallo e Pazzali, che lunedì si è dimesso suo ruolo in Fondazione Fiera. I due, si legge, “intrattengono” rapporti “confidenziali” con persone dei “più elevati ranghi delle istituzioni pubbliche, estranee ai fatti e all’oscuro delle dinamiche criminose”. Sono inoltre “sorti dubbi”, annotano gli investigatori nell’informativa, “circa l’appartenenza passata di Gallo a settori d’intelligence di qualche tipo del nostro Paese”.