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Ho lavorato mesi per aiutare il solo ospedale che cura il cancro infantile in Palestina: così ho conosciuto Ibrahim

Appena sono entrato nell’oncologia pediatrica del Beit Jala Governmental Hospital, ho incrociato gli occhiali tondi di Ibrahim, un ragazzino di 10 anni. Senza capelli, come gli altri bambini ricoverati. Con un sorriso spontaneo nell’incrociare il nuovo arrivato.

Ho lavorato 8 mesi per poter portare aiuto in questa struttura. L’ultimo presidio di umanità per curare il cancro infantile in Palestina. L’altro reparto era a Gaza. Non è più utilizzabile e i bambini malati di cancro sono stati parzialmente evacuati. Gli altri muoiono. Sono uno psico-oncologo che ha imparato che nei conflitti armati e nelle guerre, se molte persone e bambini rischiano di morire, i bambini malati di cancro muoiono con certezza. Perché gli ospedali, anche quando non sono colpiti, vedono diminuiti i rifornimenti di farmaci e ai pazienti viene impedito di raggiungere le cure. I pazienti oncologici hanno difese immunitarie inesistenti e senza terapie muoiono subito. Per questo, cerco di svolgere al meglio il mio lavoro. In pace come in guerra.

Grazie all’attrice Anna Foglietta e alla sua organizzazione Every Child is My Child abbiamo avuto i primi fondi per portare medicinali. Per garantire chemioterapie e attivare una psicologa. Si chiama Farah e ogni giorno affronta esercito e coloni per recarsi in ospedale. Per portare gli aiuti che noi vorremmo dare a tutti i bambini palestinesi.

Le avventure umane, quando le inizi e ci metti coraggio, sono piene di incontri e possibilità. Ho incontrato Luigi Bisceglia, rappresentante del VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, grazie a cui questo progetto è stato possibile. Luigi vive in Palestina da 13 anni ed è una persona che sa fare tante cose bene. Tra cui garantire le attività di progetto e gestire al meglio le azioni delicate. Già, perché si dice Palestina ma in realtà è tutto sotto il controllo di Israele. Ibrahim si cura da una leucemia al Beit Jala Governmental Hospital, il solo luogo pubblico rimasto in Palestina per la cura del cancro infantile (e delle patologie croniche pediatriche). L’ospedale si trova in una delle tre aree residenziali di Betlemme e ha in cura 120 bambini malati di cancro. Nel reparto si realizzano trattamenti con chemioterapie (trattamenti di prima linea e recidive tumorali). Non è presente la radioterapia e non è possibile avere un trapianto di midollo.

I pazienti che necessitano queste cure sono trattati all’Augusta Victoria Hospital a Gerusalemme Est. Per gli interventi chirurgici complessi e per il trapianto di midollo sono trasportati ad Hadassah Ein Karem a Gerusalemme. Si tratta di due ospedali privati in Gerusalemme Est dove le cure sono a pagamento. Ibrahim e la sua famiglia non potrebbero permettersele. Scrivo di Ibrahim e degli altri pazienti in fase attiva di terapie in Palestina nel giorno in cui Israele ha messo al bando l’Onu e la sua agenzia Unrwa e 3 milioni di persone resteranno senza aiuti umanitari. Due disegni di legge sono stati votati ieri e vietano gli aiuti alla popolazione palestinese. Hanno accusato l’Onu di terrorismo.

Israele viola ogni diritto, comprese le decisioni della Corte di Giustizia del 26 gennaio 2024 che obbliga Israele a fornire aiuti umanitari. A partire da Gaza. Scrivo nella speranza che qualcuna o qualcuno, leggendo, possa aiutare me e Soleterre nel tenere aperto questo ultimo presidio di umanità. Vogliamo continuare ad erogare chemioterapie, allargare la clinica per permettere alle famiglie di evitare viaggi e checkpoint militari e curare i traumi psichici. Vogliamo aprire un centro trapianti che riporterebbe i tassi di sopravvivenza al 60% in caso di recidiva tumorale. Lo abbiamo già fatto in Ucraina durante la guerra. Vogliamo fare vincere la vita. Sono bambini che possono guarire. Possiamo aiutarli insieme.