In questi giorni si svolgono a Milano le elezioni del nuovo Consiglio dell’Ordine dei Medici a cui sono iscritto dal 1981. Per la seconda volta mi sono recato alle urne per votare un collega ospedaliero che conosco da lungo tempo. Poche persone. Molte legate all’attuale Consiglio che è in essere da lungo tempo. Molti i medici di base che devono difendere la categoria. Quanti veramente interessati a difendere la medicina pubblica e non gli interessi di categoria? Difficile risposta. Vedremo se ci sarà un nuovo corso e delle nuove idee.

Perché è sempre difficile fare delle proposte che non servano solo a fini “elettorali” a qualunque livello. In questo momento storico difficile per la sanità italiana post pandemia che nessuno ci ha dettagliatamente spiegato. Perché i soldi sono sempre pochi e nemmeno sappiamo quanti ne abbiamo spesi negli ultimi quattro anni. A qualunque livello.

Abbiamo visto infatti che i soldi tanto sbandierati per la sanità nazionale in realtà sono spalmati su più anni e saranno disponibili solo 900 milioni di euro nel 2025. Occorre quindi spenderli bene. A cominciare da quelli che spendiamo per la prevenzione come ho letto in un articolo di Maddalena Loy al Dottor Alberto Donzelli, coordinatore della Commissione medico-scientifica indipendente (CMSI) e già membro del Consiglio Superiore della Sanità.

Quella che bisogna stimolare è la prevenzione primaria che si basa sul contrasto di problemi socio-economici con ricadute sulla salute, sulla tutela e sul miglioramento dell’ambiente di vita e di lavoro, sul contrasto a comportamenti incompatibili con uno stile di vita sano: fumo, alcol, alimentazione. Quella secondaria che utilizza test di screening si presta a speculazioni ed abusi. Un esempio. Lo screening mammografico eseguito dai 40 anni di età o dai 50 anni e pubblicato (Uk Age, Duffy 2020): a 23 anni di follow-up risultavano 29 decessi in più nel gruppo dai 40 anni. Lo ha detto anche Silvio Garattini: per prevenzione intendiamo le buone abitudini di vita. “Solo così si aggiunge vita agli anni”.

Anche io nel mio piccolo continuo a dire agli assistiti di una assicurazione sanitaria che periodicamente vengono a fare uno screening oculistico per la maculopatia e il glaucoma che esami quali la Perimetria Computerizzata e l’OCT sono inutili e costosi per la società senza una visita oculistica di base che possa poter distinguere chi necessita di tali esami o no. Questa non è prevenzione ma interesse economico non si sa bene di chi. Ed i cittadini non capiscono e la risposta da anni è sempre la stessa: “Tanto non li pago!”. Ben sapendo, credo, che li paga la società come ricaduta e loro anche indirettamente.

Per quello occorrerebbe ricostruire la medicina di base. Quella vera, quella di una volta. Quella in cui il cittadino si fida e si affida. Una nuova medicina del territorio come io predico da anni. Scissa anche come facoltà da medicina, per i nuovi medici del futuro non più privati accreditati ma pubblici in reparti di medicina del territorio. A contatto con i cittadini non solo con carte e carte e carte ma con la cura delle abitudini di vita e, solo quando serve, con la patologia generale e nel caso specialistica dei colleghi ospedalieri con i quali devono collaborare a stretto contatto.

Investiamo sul futuro con proposte serie e nuove non giriamo intorno al problema inventandoci Case di Comunità vuote ed inutili perché comunque limitate nel suo operare e nel numero di medici che sono sempre gli stessi della medicina di base. Non inventiamoci nuove sigle associative con investimenti economici notevoli di medici in pensione che vengono “rianimati” dai facili guadagni.

Non passiamo dalle Usca (Unità Speciali Continuità Assistenziali) che si occupano della assistenza domiciliare prevalentemente alle UCA (Unità Continuità Assistenziali) che non sono più “speciali” ma diventano unità mobili di assistenza di medicina di base in collaborazione con gli specialisti e con attrezzature di teleconsulto!

Una medicina non empatica, una medicina che fra poco verrà gestita dall’Intelligenza Artificiale mentre sarebbe molto più facile attendere solo cinque anni ed avere sicuramente tanti bravi medici del territorio che non devono fare sei anni di facoltà e diversi altri di specialità per entrare nel mondo del lavoro più bello del mondo. Solo quando l’interesse non superi la missione che ognuno di noi, che siamo a contatto con a salute e la malattia del cittadino, dovrebbe avere.

Una nuova medicina empatica di esseri umani, non virtuali ma presenti.

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