Giustizia & Impunità

I tre supermarket degli ‘schiavi’ a Catanzaro: “Erano pagati 4 euro l’ora, ferie limitate e gli infortuni venivano nascosti”. Tre arresti

Erano pagati anche 4 euro l’ora e arrivavano a farne anche 50 in una settimana, avevano anche ferie limitate e, in caso di infortunio sul lavoro, erano obbligati a denunciare un incidente domestico. I punti vendita della catena dell’imprenditore Paolo Paoletti erano diventati dei supermarket degli “schiavi”, secondo le indagini della Guardia di finanza di Catanzaro. L’imprenditore è finito in carcere con le accuse di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, estorsioni e reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Insieme a lui sono state arrestate e poste ai domiciliari la consulente del lavoro Maria Teresa Panariello e una responsabile amministrativa dell’azienda, Anna Valentino, mentre per due responsabili dei punti vendita è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro ha anche disposto il sequestro di due società e dei negozi – affidati ad amministratori giudiziari – valutati circa 27 milioni di euro.

Al centro delle indagini – scattate dopo la denuncia di due lavoratori – quanto succedeva a 60 dipendenti – tanti sono stati individuati come parti offese – a Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale. Con intercettazioni e perquisizioni, i finanzieri ritengono di aver ricostruito un quadro delle condizioni di vita dei lavoratori che, se confermato, sarebbe stato drammatico. Ai dipendenti della catena sarebbero state imposte condizioni di lavoro degradanti e pericolose. Oltre ad una paga da fame rispetto all’impegno richiesto. Talvolta, sarebbero stati perfino costretti a restituire in contanti parte della retribuzione e avrebbero avuto solo due settimane di ferie all’anno in violazione di quanto stabilito dalla legge.

I luoghi in cui lavoravano, inoltre, secondo gli investigatori, non rispettavano le norme di sicurezza e quando uno di loro si infortunava, veniva indotto a denunciare un infortunio domestico. A tale scopo, i responsabili dei punti vendita, in occasione della verifica di infortuni sul lavoro, accompagnavano i lavoratori in ospedale per costringerli a rendere dichiarazioni false. Un dipendente, feritosi più volte lavorando in macelleria, è stato costretto a denunciare ai medici che si era tagliato a casa e un altro, infortunatosi ad un piede, era stato costretto a cambiarsi per non arrivare in ospedale con gli abiti da lavoro.