Lo stop degli aiuti umanitari imposto da Israele ha fatto impennare ancora di più i prezzi del cibo all’interno della Striscia. Un chilo di patate, racconta un’operatrice di Oxfam, “costa 100 dollari al chilo“. Inaccessibile per la popolazione di Gaza anche la carne: per un chilo ci vogliono più di 150 dollari.
E con l’approvazione della legge che vieta all’Unrwa di operare nelle aree sotto il controllo di Israele, secondo l’ong, la situazione si aggraverà ulteriormente. “Con questa legge Israele priva la popolazione palestinese della principale agenzia attiva nella risposta umanitaria a Gaza” commenta Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia. “Una decisione che arriva dopo aver bombardato senza sosta la popolazione palestinese per oltre un anno, causando decine di migliaia di vittime civili, mutilando donne e bambini e spingendo tantissimi alla morte per fame. L’intento è chiaro: privare la Striscia di Gaza, un pezzo alla volta, di ogni possibilità di agire come territorio autonomo e poter garantire la sopravvivenza dei propri cittadini. Per questo condanniamo con fermezza la messa al bando dell’Unrwa, che rappresenta un ulteriore passo avanti nel perseguire una vera e propria strategia criminale nei confronti del popolo palestinese”.
“La decisione presa da Israele comprometterà infatti la capacità della comunità internazionale di fornire gli aiuti umanitari necessari a salvare vite, in condizioni di sicurezza. – continua Pezzati – L’Unrwa non è solo l’agenzia umanitaria a Gaza, che per anni ha garantito un sostegno vitale alla popolazione, era anche la speranza di non essere abbandonati dalla comunità internazionale”.
Questo racconto fa parte di ‘Voci di Gaza’, una serie di testimonianze degli operatori e dei manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare fin dall’inizio del conflitto. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili che si trovano nella Striscia, coloro che stanno pagando il prezzo più alto.
LA PETIZIONE – Oxfam ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) per “fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.