Nel Paese la materia non è regolamentata e quello che gli inquirenti rilevano al momento è che si tratta di “un caso molto difficile”, perché “non è ancora chiaro di quale reato si tratti o chi sia il responsabile“. Al centro ci sono due cittadini italiani: sono stati fermati all’aeroporto di Buenos Aires mentre cercavano di rientrare con una neonata frutto di una gravidanza surrogata. La Nacion, che dà notizia del caso, non rivela l’identità della coppia di uomini. I due, dopo il fermo avvenuto venerdì scorso, hanno ammesso alle autorità di aver concordato la gravidanza con una donna originaria della città di Rosario. Secondo l’accordo, la bambina, nata il 10 ottobre in una clinica della capitale argentina, sarebbe poi stata cresciuta in Italia dalla coppia.

Nel mirino degli inquirenti tuttavia – riferisce la testata argentina – non ci sarebbero i due cittadini italiani, per i quali è stato comunque decretato il divieto di lasciare il Paese, né la madre della bambina. I tre sarebbero considerati piuttosto vittime di un’organizzazione che sfrutta le necessità di donne in situazione di estrema vulnerabilità e di persone che desiderano avere un figlio. Dal 16 ottobre l’Italia considera la maternità surrogata come un “reato universale” e la coppia fermata in Argentina rischia quindi l’apertura di un procedimento penale anche in Italia.

Gli “intermediari”, l’indigenza della madre, la valigia coi soldi – Secondo le carte firmate davanti a un notaio argentino, la piccola è figlia della ragazza e di uno dei due uomini della coppia, che è “un oncologo di Padova“. La mamma, che ha 28 anni, vive in condizioni di povertà: la sua gestazione non ha avuto scopo altruistico e lei è stata pagata per portare avanti la gravidanza. Lei, continua la Naciòn, “non ha un lavoro, non ha finito la scuola e sta crescendo da sola una figlia minorenne“. Una situazione che gli inquirenti argentini che seguono il caso descrivono “di estrema vulnerabilità”.

Sia mercoledì che giovedì scorso i due uomini avevano provato a partire con la bimba, ma non avevano terminato le procedure burocratiche. A insospettire le autorità il distacco mostrato dalla donna – che aveva dato l’autorizzazione affinché la piccola viaggiasse sola col padre – nei confronti della neonata e la constatazione, derivante dalla residenza di lei e dal solo e unico viaggio nel Paese effettuato da lui nel 2023, che non potesse trattarsi di una coppia. Un altro segnale che aveva insospettito le autorità era la differenza di età. A quel punto l’ufficio immigrazione ha presentato una denuncia al tribunale, certa che non potesse trattarsi di un concepimento naturale. Il giudice ha dunque chiesto l’apertura di un’indagine per tre possibili reati: tratta di esseri umani, vendita di bambini o appropriazione di minori.

Il fermo è avvenuto venerdì sulla base di un ordine federale che ha imposto ai quattro, perché con loro c’era anche la madre, di non lasciare l’Argentina. Sono stati fermati poco prima che si imbarcassero tutti su un volo per Parigi. Gli investigatori ritengono che la vittima sia la neonata e chi deve essere indagato sono gli “intermediari” che hanno incassato la cifra per l’operazione (alla donna avrebbero dato soltanto 6 milioni di pesos, poco più di 5500 euro). Le hanno pagato visite ed esami medici e le hanno affittato un appartamento a Buenos Aires a ridosso della data del parto, avvenuto il 10 ottobre. Dal telefono sequestrato alla ragazza è emerso che gli “intermediari”, che operavano a Rosario “con un collegamento negli Stati Uniti”, hanno pagato tutto in contanti e la consegna dei sei milioni è avvenuta in un bar di Rosario, “dove una donna ha portato alla giovane una valigia con il denaro“. Agli investigatori lei ha dichiarato di avere incontrato i due uomini e di avere accettato di portare avanti la gravidanza perché aveva bisogno di soldi. “L’hanno contattata tramite un gruppo Facebook, le hanno offerto 10 milioni di pesos, le hanno fatto diversi esami e le hanno detto che era idonea alla maternità surrogata. L’hanno iscritta a un piano Swiss Medical e le hanno fatto firmare una serie di documenti che la donna non ha capito del tutto”. La 28enne ha poi aggiunto che, giunta al sesto mese di gravidanza, aveva ricevuto “i sei milioni, che voleva usare per ricavare una stanza nella casa di sua madre, ma poi si è resa conto che quello che aveva ricevuto non era abbastanza”. E ha dichiarato di avere già “donato” in precedenza altri ovociti, come avevano fatto altre ragazze del quartiere. Tutto in cambio di denaro.

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