Alla fine saranno i giudici a stabilire se le elezioni in Georgia, vinte dal partito filo-russo Sogno Georgiano e contestate duramente dalle formazioni pro-Ue, compresa la presidente della Repubblica Salomé Zourabichvili, sono da considerarsi legittime. La Procura generale ha annunciato di aver aperto un’inchiesta su possibili frodi sul voto di sabato scorso: “In base a una richiesta della Commissione elettorale centrale, la Procura ha avviato un’inchiesta sulla presunta falsificazione delle elezioni parlamentari”, si legge in un comunicato. Ma quando è stata invitata dai magistrati a essere sentita, il capo dello Stato, che ha convocato le proteste di piazza contro il risultato delle urne, ha rifiutato di presentarsi.

“Secondo le informazioni diffuse dalla Commissione elettorale centrale e dai media – hanno spiegato gli inquirenti che hanno chiesto alla presidente di poterla sentire – Zourabichvili dovrebbe essere in possesso di prove relative alla presunta falsificazione delle elezioni parlamentari, per questa ragione è stata convocata oggi (mercoledì, ndr) per un colloquio”. Non è chiaro, però, perché i magistrati abbiano ricevuto come risposta un rifiuto.

Di certo c’è che il risultato elettorale non ha provocato le proteste delle sole opposizioni, ma di tutto il blocco europeo che aspira a portare anche il Paese caucasico nell’orbita Ue. “La linea di condotta intrapresa dal governo mette a repentaglio il percorso della Georgia verso l’Ue, arrestando di fatto il processo di adesione”, si legge nella comunicazione della Commissione che accompagna il suo annuale pacchetto allargamento. A meno che Tbilisi “non inverta” tale orientamento e “non dimostri sforzi tangibili per affrontare le questioni in sospeso e le riforme chiave, la Commissione non sarà in grado di prendere in considerazione la possibilità di raccomandare l’apertura dei negoziati con la Georgia”.

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