Un’allerta data addirittura otto ore dopo il momento in cui l’acqua dei canali ha cominciato a uscire dagli argini. E la soppressione di un’unità regionale per le emergenze pensato per intervenire e collaborare in qualsiasi parte della Comunità Valenciana. Mentre il numero dei morti per le inondazioni non è ancora definitivo (e ha già superato quota 70) e quello dei dispersi è ignoto perfino al governo centrale, comincia a covare sotto la superficie dell’acqua la polemica politica: sul banco degli imputati il governo regionale, guidato da Carlos Mazón, presidente da poco più di un anno, esponente del Partito popolare che riuscì a riportare la Generalitat al centrodestra dopo 8 anni di giunta a guida progressista.
La ricostruzione dei giornali spagnoli sottolinea che l’agenzia statale di meteorologia (la sigla è Aemet) aveva decretato un’allerta rossa alle 7,30 di martedì mattina, cioè almeno 12 ore prima del disastro. Un livello che – come ormai tutti sanno – significa eventi atmosferici non abituali, di intensità eccezionale, con rischi per la popolazione molto alti. C’è di più: la Aemet aveva cominciato a ipotizzare l’avvicinamento di quella che in spagnolo viene indicata con l’acronimo “Dana” (depressione isolata ad alti livelli), un fenomeno occasionale tra giugno e ottobre nel Mediterraneo. E aveva mandato avvisi alla Protezione civile regionale, al numero di emergenza 112, al centro di coordinamento delle emergenze. Dopo ore di pioggia intensa intorno alle 11 si è avuta notizia che cominciavano a esondare i primi corsi d’acqua, che il livello del fiume Albaida era in crescita così come il Magro (entrambi sono affluenti del Jùcar, uno dei fiumi principali dell’Est della Spagna). In quei momenti, racconta il Paìs, il governatore Mazòn stava presentando una certificazione turistica e sui social chiedeva “prudenza sulle strade e attenzione alle indicazioni delle autorità”. Intorno all’una aveva ribadito che l’intensità del maltempo era in calo soprattutto nel tardo pomeriggio. Nessun avvertimento a chi lavorava, soprattutto all’aperto o nei luoghi di cura.
Intorno a mezzogiorno viene diffusa un’allerta a tutti i Comuni lungo il Poyo, un altro fiume: servono misure preventive – si spiega – per evitare che la gente si avvicini alle rive. Il consorzio idrografico del Jùcar nel frattempo continua a inviare messaggi con cui segnala luoghi in cui i canali esondano. Eppure bisogna aspettare le 16 perché venga convocato il Cecopi, il centro di coordinamento d’emergenza (in Italia si chiama Coc), che fa da unità di crisi per ordinare gli interventi operativi. Raccontano ancora i giornali spagnoli che quando sui cellulari dei valenciani arriva il trillo di Es-Alert (il sistema di allarme per tutta la popolazione, gemello dell’italiano It Alert) sono le 20.03. A quell’ora i canali sono già usciti dagli argini in diversi territori municipali. Le persone rimangono intrappolate, le strade e i ponti crollano, le chiamate d’emergenza non si contano e – ulteriore beffa – parte un nuovo allarme per i residenti nelle zone di Ribera Alta, Ribera Bassa, Hoya de Bunyol, L’Horta Sud, una corona di località che da Esta a Sud circonda il capoluogo: a quel punto sono passate già le 21. A quel punto qualche fabbrica ha già deciso autonomamente di cancellare turni e mandare lavoratori a casa, sottolinea il Paìs, in altri casi – come in alcuni centri commerciali – dipendenti e clienti rimangono bloccati. La Generalitat Valenciana non risponde ufficialmente a queste polemiche che montano anche sui social: il soccorso è stato coordinato da mezzogiorno, assicurano, appena i dati sono diventati disponibili, sono stati stabiliti i livelli di allerta. “Qualsiasi catena di comunicazioni d’allarme per le catastrofi funziona per fasi diverse”.
E qui i giornali in Spagna, anche quelli di tendenza conservatrice come Abc, mettono in evidenza la scelta che proprio lo scorso anno fece il governo valenciano: uno dei primi atti del presidente Mazòn, 4 mesi dopo l’elezione, fu smantellare l’Unità di emergenza valenciana, un organismo che – nelle premesse – doveva servire per dare risposte rapide e coordinate in caso di qualsiasi catastrofe ed era stato creato solo pochi mesi prima dalla giunta socialista del predecessore di Mazòn, Ximo Puig, con l’obiettivo di definire la pianificazione di Protezione Civile. “Era un organismo finto – si è difesa in questo caso la giunta regionale citando anche l’associazione dei vigili del fuoco – Aveva zero pompieri e nessun criterio tecnico”.