Il genocidio in corso da oramai oltre un anno del popolo palestinese, cui si è aggiunto più di recente il massacro di quello libanese, costituisce in realtà un’impresa multinazionale che vede Israele nel ruolo di tagliagole esecutivo, affiancato, protetto, foraggiato, armato, finanziato ed equipaggiato dalla coalizione degli Stati occidentali che per oltre 500 anni hanno perpetrato genocidi, rapine e sfruttamento su tutta la superficie del pianeta, e che per un breve periodo, ora non più, hanno avuto l’ardire di autodefinirsi “comunità internazionale”.
Di questo pactum sceleris, volto a riaffermare colla brutalità della forza militare il declinante predominio dell’Occidente in crisi terminale, il governo di Giorgia Meloni fa parte a pieno titolo, come dimostrato anche dalla promozione della guerra in Ucraina, che lo vede anch’esso schierato in posizione genuflessa ed obbediente alla Nato, che coltiva ancora l’impossibile speranza della sconfitta della Russia, a costo di far scoppiare la Terza Guerra Mondiale.
In tal modo Giorgia, appiattendosi sulla Nato e su Israele fino a tollerare, a parte qualche voce dal sen sfuggita al buon Crosetto, le cannonate sioniste contro la Brigata Sassari, riesce egregiamente a rinverdire i fasti della propria sciagurata famiglia politica.
Il governo Meloni è quindi complice del genocidio del popolo palestinese ai sensi dell’art. III, lett. e, della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 contro il genocidio, che impone appunto a tutti gli Stati firmatari, tra i quali l’Italia, di punire la complicità nel genocidio. Complicità che si è realizzata principalmente attraverso l’invio, che continua, di armamenti utilizzati per uccidere e mutilare i bambini e le bambine palestinesi, oltre che per negare al popolo palestinese l’esercizio del proprio diritto all’autodeterminazione.
È quanto ho sostenuto in un esposto firmato da vari avvocati e cittadini italo-palestinesi, presentato alcuni mesi fa alla Procura di Roma, finora rimasta incomprensibilmente immobile e anzi addirittura restia ad incontrarci, forse un effetto collaterale della vergognosa campagna contro i giudici scatenata da Nordio, La Russa e compagnia.
L’esposto sarà ora rilanciato e presentato anche in varie altre Procure, dato che l’imbarazzante comportamento di quella di Roma rinverdisce a sua volta i poco onorevoli fasti del periodo nel quale era stata soprannominata “il porto delle nebbie”.
Ma oltre che del crimine di complicità nel genocidio del popolo palestinese, il governo Meloni è responsabile di altre colpe, meno suscettibili di caratterizzazione penale, data la tassività delle fattispecie indicate dalle norme incriminatrici, ma altrettanto gravi.
Ho già accennato alla palese violazione dell’art. 11 della Costituzione realizzata rispetto al conflitto ucraino rinunciando a svolgere il necessario ruolo negoziale e alimentandolo anzi coll’invio di armi ai contendenti, soprattutto ovviamente l’Ucraina. Violazione che resta tale, come ravvisato dalla compianta Lorenza Carlassare contro i fantasiosi e cervellotici tentativi di giustificazione operati dai giuristi del Palazzo, con in testa il ben noto Giuliano Amato.
Ma il governo Meloni va ritenuto responsabile, sul piano interno, di colpe altrettanto gravi e che consistono in sostanza nella demolizione dello Stato italiano, portata avanti con proterva determinazione degna di un Milei smantellando i servizi pubblici, assistendo passivamente alla deindustrializzazione, minando l’indipendenza della magistratura, frammentando il territorio nazionale in una ventina di microstati competitivi tra di loro, attaccando, col disegno del cosiddetto premierato, ruolo e guarentigie residue del Parlamento e dello stesso Presidente della Repubblica, che resta a sua volta spettatore passivo dello sfacelo in corso.
In sintesi il governo Meloni si sta rendendo protagonista di un attacco senza precedenti alla Costituzione repubblicana, sia formalmente che materialmente intesa.
Demelonizzare l’Italia costituisce quindi oggi un compito prioritario, necessario e urgente. Per svolgerlo occorre tuttavia ristrutturare a fondo le oggi inadeguate forze di opposizione, portando a termine i processi ancora incompiuti di derenzizzazione del Pd (estromettendo le potenti frange atlantiste e sioniste) e, si parva licet, degrillizzazione dei Cinquestelle (davvero imperdonabile l’innamoramento senile dell’Illuminato per Draghi e la sua agenda, evidentemente frutto di un blackout permanente).
E soprattutto occorre andare verso la formazione di un’autentica sinistra, plurale ma inflessibile nei suoi riferimenti di fondo (pace, adesione al modello multipolare emergente di governo del pianeta, compatibilità ambientale, lotta di classe finalizzata all’affermazione dei diritti e all’incremento del reddito operaio e popolare senza odiose discriminazioni razziali).
Solo con una sinistra dotata di un’identità forte e basata finalmente sulla realizzazione degli interessi materiali e spirituali delle classi subalterne, in un contesto internazionale in rapido movimento contrassegnato dalla tendenza crescente e inarrestabile verso nuovi equilibri multipolari, sarà possibile contrastare il fenomeno dell’astensionismo che, come confermato dalle recenti elezioni liguri, costituisce un ostacolo al mutamento e un fattore di crisi della democrazia.
Significativi segnali in questo senso sono costituiti dallo Sciopero generale proclamato dall’Unione sindacale di base e altri per il 13 dicembre prossimo e dalla convergenza in atto tra alcune forze socialiste e comuniste, mentre Rifondazione si avvia verso un importante Congresso.