L’Europa non è pronta a rispondere a scenari di crisi, in particolar modo ad attacchi militari nei confronti di un Paese membro. Le soluzioni? Produzione massiccia di armi, maggiore autonomia europea nel campo della Difesa e dell’intelligence, preparazione della popolazione a situazioni di emergenza e promozione tra i giovani della carriera militare. L’atteso report sulla Difesa europea stilato dall’ex primo ministro finlandese Sauli Niinistö, incaricato a marzo da Ursula von der Leyen di redigere il documento, non nasconde la totale mancanza di preparazione dell’Unione a una risposta ad attacchi da Paesi terzi. Col conflitto ucraino ancora in pieno svolgimento e la prospettiva di un disimpegno statunitense dal fronte Est e dalla Nato, soprattutto in caso di vittoria di Donald Trump alle prossime Presidenziali del 5 novembre, Bruxelles e le cancellerie europee si trovano a dover far fronte a enormi carenze fino a oggi compensate dall’ombrello dell’Alleanza e degli Stati Uniti.
“Nonostante le misure adottate negli ultimi anni per migliorare la preparazione, l’Ue e i suoi Paesi membri non sono ancora completamente preparati per gli scenari di crisi intersettoriali o multidimensionali più gravi”, si legge nel documento col quale si chiede agli Stati membri di “prepararsi agli scenari peggiori”. Il Covid, la guerra in Ucraina e il cambiamento climatico, evidenzia, “sono collegati” da “cause profonde che indicano un periodo prolungato di alto rischio e profonda incertezza per l’Ue. Dobbiamo risvegliarci in una nuova realtà instabile”. È chiaro, però, che il fattore di maggiore preoccupazione ad oggi e per gli anni a venire rimane la guerra in Ucraina che, in caso di ulteriore escalation, potrebbe allargare il conflitto fino a coinvolgere anche Stati membri dell’Unione europea. “L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia ha dimostrato che ci vogliono due persone per mantenere la pace, ma solo una per iniziare una guerra. L’invasione della Russia ha anche sottolineato la percezione di lunga data di Putin secondo cui l’Occidente e i popoli occidentali sono deboli”.
Una debolezza legata alla dipendenza, in tema di Difesa, dall’ombrello Nato e dagli Stati Uniti, senza dimenticare che la mancanza di un esercito comune rende più complicato per i Paesi membri muoversi in maniera coordinata in caso di attacco. Tutto questo è alla base di un’impreparazione generale che mette a rischio la sicurezza del continente e che, quindi, deve essere al più presto compensata. Prima di tutto, si legge, “il 20% del bilancio complessivo dell’Ue” dovrebbe contribuire “alla sicurezza e alla preparazione alle crisi. Un pacchetto coerente, con livelli di finanziamento commisurati alla portata e alla complessità delle sfide in evoluzione” che l’Ue si trova ad affrontare. Investimenti che l’Ue deve “rendere disponibili per incentivare e rafforzare capacità congiunte” utili a prepararsi “alle principali contingenze militari”. Una raccomandazione in linea con i piani tracciati dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in vista del suo secondo mandato a Palazzo Berlaymont.
Come debbano essere sfruttati questi nuovi investimenti è presto detto: “Sviluppare incentivi mirati per aumentare l’attrattiva delle carriere nella Difesa, nella sicurezza e nella risposta alle emergenze tra le giovani generazioni, collaborando con i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro”. A questo proposito, utili sarebbero anche “scambi strutturati tra i Paesi membri” che “potrebbero aiutare a identificare le migliori pratiche in relazione ai modelli di servizio nazionale e di leva, ai programmi educativi, alla creazione di sistemi di riserva funzionanti”.
Alla preparazione di nuovi militari e personale dedicato alle emergenze deve seguire anche quella orientata alla popolazione civile. L’Ue deve “promuovere un obiettivo di autosufficienza di 72 ore attraverso campagne informative coordinate”, mirando “a garantire che le famiglie in tutta l’Unione siano preparate per un’autosufficienza di base minima di 72 ore in diversi tipi di emergenze e tenendo conto delle differenze nazionali”.
Tutto questo, però, non può prescindere dal sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia, considerato un argine alle mire espansionistiche di Mosca. “L’Ue – continua il report – dovrebbe mantenere e rafforzare ulteriormente la sua capacità di fornire supporto militare all’Ucraina per tutto il tempo necessario. Il rischio di aggressione russa oltre l’Ucraina non può essere escluso. Prepararsi a questo rischio non è in alcun modo un’escalation, ma intende scoraggiare la Russia o qualsiasi altro attore dal prendere di mira l’Unione e i suoi Stati membri” che singolarmente e in alcuni casi dimostrano “notevoli lacune nella loro prontezza militare. Migliorare le capacità di difesa degli Stati membri dell’Ue è necessario per garantire che siano in grado di sostenersi a vicenda” e di “contribuire a una deterrenza rafforzata“.
Tutto ciò, conclude il report, è reso di difficile attuazione dall’incapacità decisionale di Bruxelles dovuta ai consueti stop in sede di Consiglio Ue, dove alcuni Paesi utilizzano il potere di veto per fermare o annacquare le iniziative di Bruxelles: “La nostra capacità di prepararci e agire per affrontare le principali minacce è attualmente vincolata da limitazioni istituzionali, legali e politiche che rendono troppo difficile riunire rapidamente gli attori rilevanti per affrontare le minacce e gestire una crisi importante – conclude il report – Un esempio particolare è che la difesa e la sicurezza militare sono ancora gestite in larga misura su base nazionale e in modo isolato dagli altri campi della politica dell’Ue. A causa di queste limitazioni, lo sviluppo di nuove capacità militari urgentemente necessarie in Europa è più lento, su scala ridotta e più costoso di quanto dovrebbe essere”.