Anche mentre è in corso la guerra, Mosca paga a Kiev 800 milioni di euro l’anno per far transitare il suo gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina. L’Ue ha ridotto la sua dipendenza dal gas russo ma non l’ha interrotta. Prima copriva il 45% del fabbisogno, ora il 20%.

Si consideri però che parte del gas russo che non arriva attraversi i tubi, giunge in Europa via mare, sotto forma di gnl, più costoso. La Russia si contende con gli Stati Uniti la prima posizione di fornitore di gas liquefatto dell’Europa. Ci sono paesi, a cominciare da Austria, Slovacchia, Ungheria e, in minor misura l’Italia, che acquistano da Mosca ancora una quota significativa del gas che consumano. Vienna addirittura l’80%. Al Tarvisio, dove il gas russo entra in Italia, i flussi sono scesi ma non si sono mai fermati.

A differenza del petrolio, il gas che proviene dalla Russia non è sottoposto a sanzioni. L’Europa non è in grado, forse non ancora, di farne a meno. Tuttavia, a fine anno, l’accordo tra Russia ed Ucraina per il transito del gas scadrà e Kiev non sembra intenzionata a rinnovarlo, non alle stesse condizioni, quantomeno. Le arterie che congiungono i giacimenti russi all’Europa sono attualmente tre, dopo che il Nord Stream tra Russia e Germania è stato chiuso. Sono rimasti operativi il Turkstream, Yamal, che passa dalla Polonia ma che ha una capacità limitata, e, appunto il gasdotto Sudzha che attraversa l’Ucraina, da cui transitano circa 280 milioni di metri cubi di gas a settimana, la metà del gas che arriva in Europa.

Interrompere questo flusso significa aumentare la pressione sui prezzi, almeno temporaneamente. Le quotazioni del gas sono già su livelli alti, intorno ai 40 euro al megawattora, il doppio rispetto alla media storica antecedente l’invasione. Questo a danno di famiglie e aziende, che con l’aumento dei costi energetici vedono ridursi la loro capacità di competere. Gli stoccaggi europei sono pieni zeppi, vicini al 100% di riempimento. Ma l’inverno ancora deve iniziare e queste riserve sono una sorta di cuscinetto per affrontare le fasi di maggiore stress, non sono in grado di assicurare approvvigionamenti a lungo termine.

Quanto all’Ucraina, nonostante tutto, rimane molto dipendente dal gas e, in particolare, da quello russo che copre circa la metà del fabbisogno. Lo stop al gasdotto costerebbe dunque molto caro a Kiev, quasi un miliardo di euro l’anno di mancati introiti e la necessità di approvvigionarsi altrove in una fase in cui le infrastrutture energetiche sono già in condizioni critiche.

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