Le adesioni al concordato preventivo? “Dovremmo avere notizie positive“. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo snobba i pronostici dei commercialisti e tenta di esorcizzare il flop previsto dalla categoria per la misura che offre alle partite Iva la possibilità di accordarsi con l’Agenzia delle Entrate sul reddito da dichiarare e le tasse da pagare per gli anni 2024-2025 in cambio (sulla carta) di minori accertamenti. Mercoledì, audito in commissione Bilancio al Senato sul decreto fiscale collegato alla manovra, il “padre” del nuovo strumento ha continuato a ostentare ottimismo, pur senza spingersi a stimare l’aumento di gettito (“Quello che viene è tutto bene accetto”). A poche ore dal termine fissato per la mezzanotte del 31 ottobre, non risulta una corsa per accettare la proposta del fisco. Ma la speranza di Leo è che il parallelo condono sull’evasione fatta in passato, pur non conveniente per l’erario rispetto al normale ravvedimento operoso, dia qualche soddisfazione immediata in termini di introiti.
Le adesioni, come detto, restano basse. “Da quanto ci riferiscono i nostri associati accetterà non più del 10-15% dei clienti”, tira le somme Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale dei commercialisti, una delle quattro sigle che sciopereranno dal 31 ottobre fino alla mezzanotte del 7 novembre in polemica con la mancata proroga del termine per aderire. Commercialisti, tributaristi e consulenti del lavoro avevano chiesto in coro di avere più tempo per valutare la convenienza dell’operazione per i clienti, tenuto conto che l’ultima modifica normativa, quella che ha introdotto la sanatoria a prezzi di saldo (e a rate) riservata a chi sottoscrive l’intesa, è diventata legge solo il 7 ottobre. Ed è stata nuovamente ritoccata il 19 aprendo le porte del “ravvedimento” anche ai contribuenti usciti dall’applicazione delle pagelle fiscali Isa a causa della crisi pandemica. Col risultato che il termine del 31 ottobre viola lo Statuto del contribuente, in base al quale devono passare almeno 60 giorni tra l’entrata in vigore di una disposizione e l’adempimento. “Non a caso il Garante del contribuente Angelo Gargani aveva sollecitato il direttore dell’Agenzia delle Entrate e il viceministro Leo ad accogliere l’appello”, fa sapere Cuchel.
Il Tesoro ha sempre risposto picche: il governo ha bisogno di sapere al più presto se da lì arriveranno coperture sufficienti per poter inserire in manovra una riduzione dell’aliquota mediana dal 35 al 33% (costo 2,5 miliardi), allargare lo scaglione a cui viene applicata alzando la soglia da 50mila a 60mila euro (servirebbero altri 1,5 miliardi) e magari pure, come chiede la Lega, ampliare la flat tax ai redditi fino a 100mila euro. Tenendo conto anche dello sciopero, all’Agenzia delle Entrate servirà una decina di giorni per elaborare i numeri: impossibile quindi far slittare il termine, come Leo ha ribadito anche in Parlamento, evocando la volontà di aiutare “il ceto medio” che “si sta impoverendo”.
Il risultato è un interesse molto limitato, nonostante l’offerta di una tassa piatta sulla differenza tra il reddito dichiarato l’anno prima e quello concordato e la speculare “minaccia” di concentrare i controlli su chi rifiuta l’offerta: un’arma spuntata, vista la limitata capacità operativa dell’amministrazione fiscale che rimane molto sotto organico. Salvatore Regalbuto, che siede nel Consiglio nazionale dell’ordine dei commercialisti, fa sapere che negli ultimi giorni si è comunque registrata una crescita e scommette su un “15-20%” di adesioni. Poche, certo. Ma, fa notare, “se tutti quelli che aderiscono faranno il ravvedimento speciale e pagheranno 5mila euro (è possibile “ravvedersi” per gli anni dal 2018 al 2022 e l’imposta sostitutiva minima è di 1000 euro l’anno ndr) non sarà difficile raggiungere qualche miliardo di gettito”.
Un passo indietro: la proposta delle Entrate è stata recapitata ai 2,7 milioni di autonomi soggetti alle pagelle fiscali e agli 1,8 milioni che godono del regime forfettario (nel loro caso vale solo per il 2024 e non è accompagnata dalla sanatoria). La platea complessiva è quindi di 4,5 milioni di contribuenti. Ipotizzando che aderisca il 15%, pari a 675mila partite Iva, e che tutti siano disposti a metter mano al portafogli per tornare in rapporti amichevoli col fisco sanando tutte le cinque annualità consentite, i ricavi potrebbero superare di slancio quota 3 miliardi. Una congiunzione astrale che non è detto si verifichi. Dalla cifra finale andranno comunque sottratte, per quantificare il reale gettito aggiuntivo, le coperture previste dalla norma: 212 milioni per il solo 2025, quantificazione peraltro contestata dai Servizi studi di Camera e Senato per mancanza di informazioni. Perché serve una copertura? Con le norme attuali sanare le cifre non dichiarate sarebbe costato di più.
Intanto, a complicare le cose sono arrivati mercoledì nuovi problemi sul sito dell’Agenzia delle Entrate: i vertici dei sindacati dei commercialisti Adc, Aidc, Fiddoc, Sindacato Italiano Commercialisti, Unagraco e Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili hanno segnalato proprio a ridosso delle scadenze del 31 ottobre rallentamenti o blocchi. Molti modelli F24 sono stati scartati con un messaggio di errore legato, stando al call center, a un problema tecnico di Sogei. “Non è pensabile che ad ogni scadenza”, attaccano le sigle, “le piattaforme siano costantemente in affanno rendendo il nostro lavoro impraticabile”.