Crime

Delitto di Via Poma, “c’era una donna in quegli uffici che molestava Simonetta Cesaroni”. Le nuove dichiarazioni di Raniero Valle

A parlare, dopo tutti questi anni al settimanale Giallo, è Raniero Valle che a negli anni ‘90 aveva un ufficio nello stabile dell’elegante palazzotto nel quartiere della Vittoria

“Lo dissero i condomini: tutti sapevano che in ufficio c’era una donna che molestava Simonetta”: a 34 anni dal delitto di Via Poma emerge una nuova testimonianza sull’omicidio irrisolto di Simonetta Cesaroni, la ragazza assassinata in una stanza degli uffici dell’Aiag, l’associazione italiana degli ostelli della Gioventù, il 7 agosto del 1990.

La testimonianza
A parlare, dopo tutti questi anni al settimanale Giallo è Raniero Valle che a negli anni ‘90 aveva un ufficio nello stabile dell’elegante palazzotto nel quartiere della Vittoria. Nel suo racconto, Valle aggiunge che all’epoca “lo riferì al magistrato Piero Catalani e da quel momento iniziai a ricevere minacce di morte. I dipendenti furono sentiti con superficialità, eppure il delitto era avvenuto lì, in quell’ufficio”. Questo tassello si aggiunge ai nuovi elementi sul cold case già rivelati da Giallo che poche settimane fa aveva pubblicato del ritrovamento dei “fogli firma” dei dipendenti di Aiag. Quei fogli che registravano le presenze in ufficio erano misteriosamente scomparsi anni dopo il delitto, in particolare erano stati sottratti quelli tra il 10 luglio e il 13 novembre del 1990.

I fogli firma
Questa settimana, Giallo riporta altri dettagli su questi fogli presenza, recuperati poco tempo fa da Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta e depositati in Procura dove intanto, il 19 novembre, si dovrà decidere se archiviare e proseguire l’inchiesta sul caso. Quando all’epoca il padre di Simonetta, Claudio Cesaroni li richiese fu Anita Baldi, responsabile amministrativa di Aiag a incaricare la sua dipendente Luigina Berrettini di fotocopiarli e farli pervenire ai Cesaroni, all’oscuro del presidente della sede del comitato regionale degli Ostelli della Gioventù (per cui Simonetta lavorava) Francesco Caracciolo di Sarno, soprannominato “l’avvocato dei misteri” per il suo controverso ruolo in questa oscura vicenda. La Berrettini fu anche l’ultima persona ad aver sentito Simonetta in vita al telefono, intorno alle 17,45 di quel giorno. E fu proprio lei a verificare sui fogli firma chi c’era in ufficio il martedì pomeriggio in cui la ventenne fu uccisa.

I recuperi del martedì pomeriggio
Lo riporta sempre Giallo in un articolo di Gian Paolo Pellizzaro che all’epoca seguì il caso. Nel corso della sua inchiesta, il giornalista scoprì dalla stessa Berrettini il sistema dei recuperi pomeridiani di Aiag. La “Luigina” era difatti incaricata di verificare il recupero delle ore pomeridiane dei dipendenti, il martedì pomeriggio. Ed era martedì quando fu assassinata Simonetta Cesaroni. Pellizzaro all’epoca riferì tutto al giudice Settembrino Nebbioso che poi delegò il sequestro dei fogli firma alla Polizia Giudiziaria per capire chi ci fosse in ufficio con lei quel giorno. La ricerca venne poi affidata alla Baldi che li chiese alla Berrettini che li diede a Claudio Cesaroni: il cerchio si chiude e ritorniamo alle due domande cruciali. Chi c’era con Simonetta in ufficio quel martedì pomeriggio dell’agosto del 1990? E chi era invece la collega che, secondo Raniero Valle, molestava Simonetta? Per ora, possiamo rispondere solo alla prima delle due, almeno in parte. C’è il nome di una dipendente su quei fogli firma, che il 7 agosto entrò negli uffici di via Poma alle 14,15 e non firmò l’uscita.

L’inchiesta di Cavallone
Simonetta fu assassinata intorno alle 18, secondo le indagini. Secondo il magistrato Roberto Cavallone, titolare della seconda inchiesta su Via Poma, “risulta accertato che quel giorno la signora Faustini Giuseppa detta Giusy non firmò il registro di uscita al termine dell’orario. Tale circostanza fa ritenere che la stessa, benchè abbia negato, possa essere rimasta per un recupero pomeridiano e abbia visto la persona che poi uccise Simonetta Cesaroni. Ciò spiegherebbe perché, nella concitazione determinata dalla necessità di abbandonare l’appartamento, abbia dimenticato di firmare”. La Faustini scappò via, come scrisse Cavallone? Il magistrato non potette dimostrare la sua ipotesi perché intanto i fogli firma vennero sottratti dagli atti ufficiali, scomparvero.

Pier Paolo De Risi
Giallo riporta anche il nome di un altro uomo, all’epoca 28enne, che lavorava in quei giorni in via Poma e che non è stato mai interrogato dagli inquirenti. Si tratta di Pier Paolo De Risi e non potrà più essere interrogato perché è scomparso lo scorso maggio. Era figlio della dipendente di Aiag Maria Luisa Sibilia, cognata dell’amministratrice Anita Baldi. Tra il luglio e il novembre del ’90 il giovane fu assunto come collaboratore dell’ente morale. La sua firma compare sul registro del 10 luglio ma ancora oggi sua madre e la Berrettini negano la sua presenza negli uffici.

L’uomo delle telefonate
La Sibilia, il 6 giugno del 1996 disse ai magistrati che il giorno del delitto fu l’ultima a lasciare l’ufficio alle 15, mezz’ora dopo sarebbe arrivata Simonetta. Disse anche di aver chiuso tutto, porte e finestre. Chi, dopo di lei e prima di Simonetta, sarebbe potuta entrare in quell’appartamento? Qualcuno che aveva le chiavi? E Simonetta trovò il suo assassino già negli uffici o le aprì la porta, conoscendolo? C’è anche la possibilità che costui avesse le chiavi. Era lo stesso uomo che le telefonava in ufficio facendole degli apprezzamenti molto espliciti, come Simonetta confidò a un’amica 48 ore prima di essere brutalmente uccisa? Quest’uomo non è mai stato individuato e questo è solo uno dei punti oscuri di questa storia. Da qui è chiaro comprendere perché la famiglia di Simonetta si opponga alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta, soprattutto perché alla luce di tutto quanto è emerso nelle ultime settimane, non sono stati ancora riverificati gli alibi dei colleghi della ragazza che hanno condiviso con lei un ambiente che nasconde e conserva ancora troppi segreti.