"Mi incuriosivano alcune di loro, orgogliose di essere streghe, a volte mi inquietavano. Ma ho sempre percepito qualcosa di falso, anche se molte erano convinte sinceramente di esserlo", il racconto del Re dell'horror a Repubblica
Dario Argento e l’horror, nessuna coppia è più nota e inossidabile. E in un’intervista rilasciata a Repubblica, il grande regista ricorda di come sia stato lui a portare Halloween in Italia: “Vivevo a Los Angeles, lavoravo alla postproduzione di un film, forse Trauma. Ero in un bell’albergo a Santa Monica. Erano i giorni di Halloween ma non sapevo cosa fosse. Vedo in strada ragazzi mascherati, gruppi che vanno nelle case a rompere Ie scatole, mi incuriosisco, chiedo al montatore, mi spiega della festa, le zucche, dolcetto o scherzetto, i demoni, i mostri, le streghe”. Cosa ha fatto allora? Argento aveva un negozio dal nome Profondo Rosso: “Ho scritto un paio di articoli su qualche giornale spiegando di Halloween, ho riempito il negozio di zucche e tutto l’armamentario. Nessuno lo faceva, prima, in Italia”. Da lì, il regista di Suspiria racconta di come il passaparola abbia riempito il locale e sempre di più, di anno in anno, ma precisa: “Io purtroppo dallo scorso anno non partecipo, perché mi sono preso la polmonite. Sono guarito, ma non posso rischiare quella montagna contagiosa di baci, abbracci, mani strette. Anche se mi mancano”.
Se c’è un incubo per il re dell’horror, è la burocrazia, anche e soprattutto quella digitale: “Non riesco a fare lo spid, il mio passaporto non ha chip, per fare la carta d’identità elettronica ci vogliono mesi. Stiamo cercando di venirne a capo con la mia segretaria”. Argento ha mai incontrato le streghe? “Tante, che si dicevano streghe. A Monaco una sera andammo a casa di una di loro, una bellissima donna, e del marito. Bicchiere dopo bicchiere iniziò a raccontare storie, incontri, esperienze sovrannaturali. Il marito s’era addormentato di sasso. Le chiesi ‘ma lui cosa dice nel sentirle fare questi racconti?’, lei sogghignò facendomi capire che era opera sua. Ricordo due streghe in Grecia, anziane, le voci stridule, le facce maligne. E tante altre, le loro case sepolte di libri sull’occultismo (…). Mi incuriosivano alcune di loro, orgogliose di essere streghe, a volte mi inquietavano. Ma ho sempre percepito qualcosa di falso, anche se molte erano convinte sinceramente di esserlo”.