“Mittal era un soggetto forte ma ci siamo trovati in una grave situazione. Non è detto che più è grande l’azienda e più stabile è il futuro”. A un certo punto dentro Palazzo Chigi, il commissario straordinario di Acciaierie d’Italia, Giancarlo Quaranta, ha buttato lì una frase, riassumibile così, che alle orecchie dei rappresentanti sindacali […]
“Mittal era un soggetto forte ma ci siamo trovati in una grave situazione. Non è detto che più è grande l’azienda e più stabile è il futuro”. A un certo punto dentro Palazzo Chigi, il commissario straordinario di Acciaierie d’Italia, Giancarlo Quaranta, ha buttato lì una frase, riassumibile così, che alle orecchie dei rappresentanti sindacali è sembrata quantomeno sibillina. Perché Fiom, Uilm, Fim e Usb continuano a insistere su un solo punto, previsto nel bando per riassegnare l’Ilva: “Evitate la vendita a spezzatino”. E invece il governo non l’ha esclusa tra le possibilità previste nel bando di gara né ha alcuna intenzione di investire in una partecipazione pubblica, garantendo di fatto sulla cessione impostata dal ministro Adolfo Urso. Tanto che ancora martedì sera, durante un incontro che è stato tutto un incensarsi sul tentativo di rilancio del siderurgico, è stato proprio il titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy a sottolineare: “Il golden power è strumento più significativo ed efficace di una partecipazione nell’azienda”, ha rimarcato.
Ma a far saltare dalla sedia i sindacati resta soprattutto quella frase di Quaranta, il primo commissario voluto da Urso dopo la separazione dal colosso dell’acciaio. La ‘punta’ della triade che sta gestendo gli impianti dopo il ritorno in amministrazione straordinaria ha ricordato come l’assegnazione ad ArcelorMittal era stata festeggiata come la migliore possibile poiché l’acciaieria di Taranto era finita nelle mani di un player mondiale di primo piano nel mondo dell’acciaio. Eppure – è stato il suo ragionamento – è finita malissimo. Il colosso ha lasciato un siderurgico in affanno produttivo e finanziario dopo anni di liti con il governo e il socio pubblico. Da qui, la frase sibillina: “Non è detto che più è grande l’azienda e più stabile è il futuro”.
Da un lato, Quaranta potrebbe aver solo lasciato intendere l’ovvio: non ci sono giganti tra coloro che hanno presentato una manifestazione d’interesse per l’Ilva. Tra i 15 in corsa i nomi più grossi in corsa sono Vulcan Steel (appartenente alla galassia di Jindal), i canadesi di Stelco e Baku Steel Company. Ma allo stesso tempo, queste tre compagnie sono anche le uniche – a quanto si è appreso finora – ad avere come orizzonte l’acquisizione dell’intero complesso aziendale, mentre tutte le altre 12 società che hanno sondato il bando mirano all’acquisizione di asset specifici. Tra loro, anche il gruppo Marcegaglia e Sideralba.
Insomma, il commissario straordinario potrebbe anche aver ‘aperto’ idealmente alla cessione a pezzi. Nemmeno due giorni fa il leader della Uilm Rocco Palombella aveva avvisato: “Ribadiremo il nostro no a ogni ipotesi che preveda i siti venduti a pezzi e smorzeremo le sirene che parlano di un’Ilva più piccola e di dimagrimento di organici”. E dopo l’incontro il concetto è stato sottolineato anche dall’Usb: “La vendita non può avvenire attraverso la divisione degli asset – hanno detto Francesco Rizzo e Sasha Colautti – Va salvaguardata l’unità del gruppo pensando complessivamente a un progetto industriale che guardi oltre a Taranto, alla progettualità su Genova, Novi Ligure, Racconigi e agli altri stabilimenti”. Fra un mese la verità, quando – il 30 novembre – si capirà chi avrà presentato offerte vincolanti.