Salute

Intolleranza alla luce, dolori addominali, urine fluorescenti: aumentano i casi di “malattia del vampiro”. Ecco cos’è e come riconoscerla

La malattia è riapparsa con il caso di Phoenix Nightingale, a cui è stata diagnosticata la porfiria, il nome scientifico della patologia, un disturbo metabolico raro

Viene anche chiamata “malattia del vampiro”, ed è riapparsa in America con il caso di Phoenix Nightingale, una donna di 32 anni a cui è stata diagnosticata la porfiria, il nome scientifico della patologia, un disturbo metabolico raro caratterizzato da un accumulo di porfirine nell’organismo: sono un gruppo di composti utilizzati per produrre l’eme, una […]

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Viene anche chiamata “malattia del vampiro”, ed è riapparsa in America con il caso di Phoenix Nightingale, una donna di 32 anni a cui è stata diagnosticata la porfiria, il nome scientifico della patologia, un disturbo metabolico raro caratterizzato da un accumulo di porfirine nell’organismo: sono un gruppo di composti utilizzati per produrre l’eme, una molecola utilizzata dai globuli rossi per trasportare ossigeno all’organismo; in caso di porfiria il paziente ha i meccanismi alterati, con una ridotta capacità di produzione della molecola eme e quindi uno scorretto smaltimento di porfirine.

Uno dei motivi per cui è chiamata la “malattia del vampiro” è l’intolleranza alla luce e all’aglio, ma può presentarsi con altri sintomi, come disturbi neurologici, dolori muscolari diffusi, irritabilità, allucinazioni, tachicardia, ipertensione, nausea, vomito, ansia, disturbi del sonno. E altro ancora. La donna ha raccontato che “Gli effetti collaterali a livello neurologico possono far pensare che chi soffre di questa malattia in passato sia stato un mostro o un essere posseduto”. Phoenix è di fatto costretta a evitare qualsiasi tipo di alimento contenente lo zolfo: “Faccio molta attenzione a ciò che mangio. Evito tantissimi alimenti. Mangio solo ciò che è sicuro. Non posso nemmeno assumere la maggioranza dei farmaci. Non ho mangiato aglio da quando mi è stata diagnosticata la malattia”. Per saperne di più, ci siamo rivolti alla professoressa Maria Domenica Cappellini, già responsabile del Centro Malattie Rare della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano.

Il parere dell’esperta

Professoressa Cappellini, pur essendo la porfiria una malattia rara, si stanno verificando più casi rispetto al passato? Quante persone ne sono colpite in Italia?
“Innanzitutto, va specificato che esistono varie forme di porfiria, alcune che si caratterizzano solo per manifestazioni cutanee all’esposizione alla luce solare, altre sistemiche che si manifestano con segni e sintomi variabili da dolori addominali, irritazione, ipertensione, ecc. La forma più temibile è la Porfiria Acuta Intermittente (AIP), che, come il termine indica, si può manifestare a poussè, a ondate, il cui sintomo principale è il dolore addominale acuto. Il dolore addominale è comune a molte patologie per cui molto spesso viene attribuito ad altre cause ignorando la possibilità di un attacco acuto di porfiria. Poiché è una malattia rara e sicuramente sottodiagnosticata non abbiamo una stima precisa del numero di persone affette da AIP in Italia, si stima un numero intorno a 300 soggetti”.

Rischio di indagini inutili e invasive

Come lei ha accennato, una delle difficoltà per la cura risiede nella capacità di individuarla per tempo, perché non è facile capire i sintomi specifici.
“La cosa principale è sospettare la malattia in presenza di alcuni segni e sintomi, e per fare questo ovviamente bisogna conoscere la porfiria acuta intermittente. Visto che è una malattia rara, purtroppo le conoscenze sono limitate e molte volte non si pone la AIP nella diagnostica differenziale con altre patologie più comuni (colica biliare, colica renale, gastrite ecc). Questo a volte comporta che il paziente venga sottoposto a indagini anche invasive, non necessarie, fino a interventi chirurgici inutili, come per esempio colecistectomia, isterectomia. Un segno importante in corso di attacco acuto di porfiria è la colorazione rossa (fluorescente) delle urine che contengono porfirine in eccesso. I precursori delle porfirine sono fotosensibili e quindi l’esposizione delle urine alla luce le rende fluorescenti. Ovviamente una accurata anamnesi del paziente può essere di grande aiuto in quanto l’attacco acuto può essere causato da fattori scatenanti, come l’uso di alcuni farmaci, il digiuno, lo stress”.

Quali sono le principali tipologie con cui si manifesta questa malattia?
“La forma acuta intermittente – che rappresenta la forma più temibile nell’80% dei casi – si presenta con dolore addominale acuto che si può associare a nausea e stipsi. Inoltre, il paziente spesso si presenta tachicardico, iperteso, irritabile fino ad avere disturbi del comportamento. Un altro segno importante è l’iponatriemia (bassi valori di sodio)”.

I farmaci

Attualmente, quali sono i farmaci più efficaci a disposizione?
“Per la forma acuta intermittente oltre ad arginato di ematina, che veniva utilizzato in corso di attacco acuto per dominare il quadro, oggi è disponibile un farmaco (Givosiran) che riduce la produzione dei precursori tossici ALA e PBG. I risultati degli studi clinici con Givosiran sono molto soddisfacenti, con una riduzione significativa degli attacchi acuti nei pazienti trattati. Per le forme di porfirie cutanee sono in corso studi clinici con varie molecole il cui obiettivo è quello di proteggere la cute dalle lesioni cutanee, a volte invalidanti, causate dall’esposizione alla luce”.