Tra l’uscita delle stime dell’Istat sul pil – verso le 10 del mattino – e la registrazione di Porta a Porta, mercoledì sera, sono passate diverse ore. Eppure Giorgia Meloni nel salotto televisivo di Bruno Vespa ha ripetuto il solito mantra inserito anche nelle slide celebrative dei primi due anni del suo governo: l’Italia è […]
Tra l’uscita delle stime dell’Istat sul pil – verso le 10 del mattino – e la registrazione di Porta a Porta, mercoledì sera, sono passate diverse ore. Eppure Giorgia Meloni nel salotto televisivo di Bruno Vespa ha ripetuto il solito mantra inserito anche nelle slide celebrative dei primi due anni del suo governo: l’Italia è diventata un “modello“, cresce più degli altri, in particolare “più di Francia e Germania“. La premier ha deciso insomma di ignorare, parlando ai telespettatori, i numeri arrivati dall’istituto di statistica. Che aveva appena annunciato come tra luglio e settembre il pil italiano sia rimasto immobile: +0%. Non proprio una notizia di scarso peso per il governo, visto che rende impossibile raggiungere la crescita dell’1% prevista nel Piano strutturale di bilancio.
Non solo: il rallentamento italiano, frutto di “una forte riduzione dell’industria” mentre continuano a tenere i servizi, è arrivato mentre i partner europei acceleravano. I dati messi in fila sempre ieri dall’agenzia statistica europea, Eurostat, sono chiari: nel terzo trimestre 2024 la Germania, di cui sono note le difficoltà e il cui governo si attende per quest’anno una blanda recessione, ha registrato un recupero crescendo dello 0,2%. La Francia è cresciuta dello 0,4%, contro il +0,2 del secondo trimestre. La Spagna continua a viaggiare su ottimi ritmi, con un altro +0,8% trimestre su trimestre. L’Irlanda, che aveva avuto una battuta d’arresto tra aprile e giugno, con un colpo di reni mette a segno un +2%. La media dell’area euro si assesta su +0,4%, mentre la Penisola è ferma. “La variazione acquisita per il 2024 è pari a 0,4%”, spiega Istat. Il +0,8% previsto da Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio per l’intero anno si allontana e diventa un miraggio.
Meloni non ci bada e tira dritto con lo spin che ci vede locomotiva d’Europa. A Vespa ribadisce che “la povertà non si combatte per decreto, l’unico modo è creare lavoro, e per farlo si deve rimettere in moto l’economia, ed è quello che stiamo facendo”. Poco importa se nel frattempo il motore della crescita pare essersi spento e la produzione industriale cala da 19 mesi consecutivi complice la grave crisi dell’automotive, frutto in parte delle scelte di Stellantis a cui il governo assiste inerme. Salvo contribuire ad affossare la filiera sforbiciando di 4,6 miliardi, in manovra, il fondo con gli incentivi e gli aiuti alla riconversione.
Continuare sulla linea del “tutto va bene” sarà però sempre più complicato. Perché l’estate, stando ai primi dati, ha segnato una cesura. I mali dell’industria, il cui fatturato in agosto è diminuito ancora, iniziano a farsi sentire non solo sul pil ma anche sull’occupazione, che con un calo di 63mila unità ha conosciuto la prima flessione significativa dal luglio 2023, quando si erano persi 73mila posti. E ora il quadro è peggiore, perché a scendere non sono – come lo scorso anno – i lavoratori dipendenti a termine ma quelli a tempo indeterminato. La cui crescita durante i due anni di governo era uno dei fiori all’occhiello dell’inquilina di Palazzo Chigi. Non è un caso se giovedì né la premier né altri membri del governo o parlamentari di maggioranza, sempre rapidi nel far partire tweet e note alle agenzie quando arrivano buone notizie, hanno commentato le nuove cifre.