L’abuso d’ufficio non è più reato. Per questo motivo la procura di Perugia ha chiesto l’archiviazione dell’indagine su Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria. Una richiesta che è stata già accolta dal giudice. Esponente della Lega, Tesei si è ricandidata alle elezioni regionali del 17 e 18 novembre. Insegue un secondo mandato appoggiata da tutto il centrodestra. Nell’inchiesta era indagata anche la sua assessora alla Programmazione europea e al Bilancio, Paola Agabiti, esponente di Fratelli d’Italia.

L’inchiesta – Alle due politiche era contestata l’ipotesi di abuso d’ufficio in un’indagine sull’utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo rurale. Secondo Repubblica.it, la società che ha percepito i fondi pubblici appartiene al marito dell’assessora Agabiti. E nella stessa azienda lavorerebbe il figlio della governatrice. L’indagine era partita da un esposto anonimo e secondo l’agenzia Ansa non sarebbe stato formalizzato un vero e proprio capo d’accusa. Dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio, varato con la recente riforma approvata dal governo di centrodestra, è stata quindi chiesta l’archiviazione del fascicolo. Istanza accolta dal gip, con questa formula: “Il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.

Tesei: “Strumentalizzazione” – “Ho appreso la notizia solamente oggi e solo perché ne hanno parlato i giornali. Mi risulta che l’indagine era iniziata da tempo e già questo dimostra ancora una volta la correttezza dell’operato della mia amministrazione. Per il resto, in attesa di consultare gli atti, assisto alla consueta attività di strumentalizzazione e mistificazione, con argomenti di ignobile livello, amplificata dalla vicinanza della scadenza elettorale”, ha detto la presidente Tesei. Secondo l’avvocato Nicola Di Mario, il difensore dall’assessora Agabiti, “laddove non fosse stata disposta l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, la originaria e provvisoria contestazione di reato elevata a carico della dottoressa Paola Agabiti sarebbe risultata del tutto infondata sul piano giuridico”. L’inchiesta riguardava un bando per lo sviluppo di filiere agricole emesso dalla Regione Umbria dopo la pandemia. Gli accertamenti erano stati delegati alla Guardia di Finanza di Perugia.

La nota del legale: “Addebiti inconsistenti” – Secondo l’avvocato Di Mario “per comprendere l’inconsistenza dell’addebito è necessario precisare che la delibera numero 820 assunta dalla Giunta regionale Umbria in data 1 settembre 2021 non integrava alcuna strumentalizzazione della funzione da parte dell’assessore Agabiti in quanto si limitava a prendere atto della allocazione di nuove risorse finanziarie a favore del Piano sviluppo rurale della Regione Umbria in ossequio alle determinazioni assunte dal presidente del Consiglio dei Ministri in data 17 giugno 2021 e nel rispetto dei contenuti normativi di cui alla legge 23 luglio 2021″. Il legale prosegue sostenenendo che “trattandosi di provvedimento a contenuto recettizio e vincolato non poteva configurarsi, neppure sul piano teorico, un esercizio deviato delle attribuzioni connesse alla carica istituzionale ricoperta da Agabiti. Allo stesso modo non integrava alcuna violazione di norme penali la deliberazione numero 849 del 15 settembre del 2021 assunta dalla Giunta regionale dell’Umbria. Infatti, il provvedimento amministrativo si contraddistingue come atto di pianificazione a carattere generale che, adottato all’esito delle istanze avanzate nell’ambito del cd ‘tavolo verdè del 8 settembre 2021 e dei contenuti espressi nel documento istruttorio formato da personale dirigente diverso dalla dottoressa Agabiti, non ha assegnato risorse patrimoniali ad alcun soggetto beneficiario essendosi limitato ad individuare le misure di intervento ad efficacia reale e non personale. Ciò significa che la delibera della Giunta, riguardando un tema di interesse generale (economia dell’Ente ed estensione del programma di sviluppo rurale per l’Umbria con riguardo alle filiere produttive di olio, luppolo e tartufo) risultava adottata in modo del tutto legittimo”.

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