In media, i medici italiani guadagnano 60mila euro lordi in meno all’anno rispetto ai loro colleghi europei. Una disparità salariale che, associata al peggioramento delle condizioni di lavoro, contribuisce a una crescente insoddisfazione tra i camici bianchi del nostro Paese. Per questo in molti si sono stupiti nel vedere il ministro della Salute in persona, Orazio Schillaci, soffiare sul fuoco di questa insoddisfazione. Cercando di giustificare la linea del governo, che in manovra per la sanità ha stanziato solo 1,3 miliardi dopo averne promessi più di tre, il ministro ha dichiarato di non aver mai visto un medico “indigente”. Parole che hanno alimentato la rabbia di professionisti e associazioni di categoria delusi dalla legge di bilancio che, per il 2025, garantisce loro solo 17 euro netti al mese in più in busta paga. Motivo per cui per il 20 novembre è stato dichiarato uno sciopero nazionale di 24 ore.
Dopo una preparazione specialistica, che prevede nella maggior parte dei casi almeno 10 anni di studio, un medico assunto dal sistema sanitario nazionale ha una retribuzione netta di circa 2.500 euro dopo le tasse. Spesso il suo lavoro prevede turni di guardia di 12 ore, anche di notte, e una disponibilità pressoché continua, soprattutto alla luce della grave carenza di personale a cui sono soggetti gli ospedali. A queste condizioni sono sempre di più i professionisti che scelgono di lasciare l’Italia. Secondo l’ordine dei medici, dal 2019 al 2023 sono stati quasi 39mila, di cui 11mila nell’ultimo anno. All’estero, infatti, le condizioni economiche sono molto migliori. Gli stipendi dei medici italiani sono sotto media sia rispetto ai Paesi Ocse che a quelli dell’Unione Europea. In Danimarca, Irlanda e Germania i camici bianchi guadagnano fino a 100mila euro in più. Cifra che sale a 110mila in Islanda e nei Paesi Bassi, e addirittura a oltre 200mila in Lussemburgo.
La disparità di trattamento economico tra i professionisti italiani e quelli di altri Paesi europei è evidente fin dagli anni della specializzazione. La Germania offre ai medici in formazione uno stipendio netto di circa 3.200 euro, grazie anche a una tassazione agevolata che permette loro di ottenere uno dei salari netti più alti in Europa. In Italia, la borsa garantita agli specializzandi è di circa 1.600 euro netti. Una cifra inferiore a quella prevista per i colleghi di Cipro, Croazia, Francia e di praticamente la totalità dei paesi del nord Europa, ma analoga a quella guadagnata dai colleghi rumeni. La differenza però è che, prendendo in considerazione i salari a parità di potere d’acquisto (Ppp) – per tener conto delle differenze di costo della vita nei diversi Stati – gli specializzandi di Bucarest vengono pagati il doppio rispetto a quelli italiani.
Il Ppp è il parametro che la Fems (Federazione europea dei medici salariati) prende in considerazione per valutare la reale condizione economica dei medici del continente. Rispetto all’Italia, dove gli stipendi sono bassi e il costo della vita alto, i salari di molti paesi Ue sono più competitivi. Garantiscono un potere d’acquisto più alto grazie a un costo della vita inferiore o a una tassazione meno gravosa per i medici. Nei Paesi dell’Europa dell’Est, come per esempio Bulgaria e Romania, nonostante gli stipendi siano più bassi, i medici hanno un potere d’acquisto maggiore. Si potrebbe dire che sono meno “indigenti” dei colleghi italiani. In Francia, invece, sebbene i salari lordi non siano tra i più alti in Europa (5mila euro per un medico assunto da meno di 10 anni), le agevolazioni fiscali consentono di ottenere stipendi netti tra i migliori del continente: circa 4.200 euro.
E con il proseguire della carriera il divario peggiora, perché in Italia gli stipendi crescono molto meno che nelle altre nazioni dell’Unione. Dopo 25 anni di lavoro, un professionista italiano riceve in busta paga in media circa 3.600 euro. Con lo stesso grado di anzianità, ad Amsterdam, Vienna, Berlino o Bruxelles guadagnerebbe dai 6mila euro in su. A Parigi, addirittura 7.500. A testimonianza dell’attenzione che i nostri vicini dimostrano di avere verso chi nel loro Paese si preoccupa della salute della collettività.