Nel testo del disegno di legge di Bilancio inviato al Parlamento il governo ha infilato alcune novità già accusate di discriminare gli stranieri che risiedono nel nostro Paese. A puntare il dito individuando i passaggi controversi nel testo è l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi). La stessa che ha appena ottenuto il rinvio alla Corte Costituzionale della finanziaria dell’anno scorso che escludeva le lavoratrici straniere madri con contratti a termine e di lavoro domestico dal taglio del cuneo contributivo. I legali Alberto Guariso, Livio Neri e Mara Marzolla, hanno ottenuto il rinvio dal Tribunale di Milano perché la norma nega un vantaggio retributivo proprio alle donne che generalmente hanno paghe più basse. Intanto la norma è già stata ripresa identica dalla nuova legge di Bilancio 2025. E a questa discriminazione delle persone straniere, avvertono gli avvocati dell’Asgi, si aggiungono adesso altri tre nuovi casi.
Aumento del contributo per le controversie in materia di cittadinanza – Il primo caso segnalato dai legali di Asgi riguarda l’articolo 106 della proposta di legge, che prevede l’aumento a 600 euro del contributo per le “controversie relative all’accertamento della cittadinanza italiana“. L’innalzamento colpirebbe in particolare le domande di cittadinanza iure sanguinis che attualmente pagano già un contributo unificato di 518 euro, costringendo le famiglie a pagare la somma rincarata per ciascun componente che richiede la cittadinanza anche se la domanda è presentata congiuntamente dal nucleo. Un caso unico, “perché in tutti gli altri contenziosi giudiziari con più attori, come nel caso dei condomini che agiscono assieme, il contributo da pagare allo Stato è unico”, fa notare Asgi. Certa che tale misura ostacoli l’accesso alla giustizia per le famiglie più vulnerabili per scoraggiare le richieste di cittadinanza. “Se il governo intende ridurre le possibilità di acquisizione della cittadinanza iure sanguinis lo faccia apertamente, modificando la legge, non certo scoraggiando l’accesso alla giustizia delle persone più povere”, scrive l’associazione.
Esclusione delle detrazioni fiscali per i cittadini extra Ue – Il secondo profilo critico emergerebbe dall’articolo 2, comma 10, che limita l’accesso alle detrazioni fiscali per le famiglie con figli a carico residenti all’estero esclusivamente ai cittadini italiani e dell’Unione europea. L’esclusione dei cittadini extra Ue sarebbe però in aperto contrasto con le normative europee. L’articolo 11, comma 1, lett. e) della Direttiva 109/2003 e l’articolo 12, comma 1, lett. f) della Direttiva 198/2011 prevedono – rispettivamente per i titolari di permesso di lungo periodo e per i titolari di permesso unico lavoro – la parità di trattamento con i cittadini dello stato ospitante per quanto riguarda le “agevolazioni fiscali“. La legge di bilancio violerebbe entrambe le direttive, già al centro di contenziosi poi chiariti, si sperava una volta per tutte, dalla Corte di Giustizia Ue e dalla Consulta. Insomma, ci sarebbe sufficiente giurisprudenza perché il legislatore non decidesse di perseverare.
Niente “bonus nuove nascite” alle donne con protezione internazionale – Il terzo punto riguarda l’introduzione del “bonus nuove nascite“, previsto dall’articolo 31, un contributo una tantum di mille euro per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2025. Le donne titolari di protezione internazionale, tuttavia, vengono escluse da questo beneficio, contravvenendo all’articolo 29 della Direttiva 2011/95, che garantisce parità di trattamento con i cittadini del paese ospitante. Asgi chiede, per ragioni di equità, che “il permesso di soggiorno per protezione internazionale (rifugiato politico o titolare dello status di protezione sussidiaria) sia inserito nella lista di titoli idonei per la fruizione della prestazione”.
Esclusione delle lavoratrici a termine e domestiche dalla riduzione contributiva – Infine c’è l’articolo che mantiene l’esclusione delle lavoratrici già rinviato alla Consulta il 23 ottobre scorso dal Tribunale di Milano. Riguarda le madri con contratto a termine e quelle con rapporto di lavoro domestico a cui già la scorsa finanziaria negava la riduzione della quota contributiva e così il relativo aumento della retribuzione netta. Il Tribunale ha evidenziato come l’esclusione rappresenti una discriminazione indiretta nei confronti delle lavoratrici straniere che viola gli articoli 3 e 31 della Costituzione. Non solo. Secondo la magistratura milanese, “l’esclusione contrasta anche con la direttiva europea che vieta disparità di trattamento tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato ed è indirettamente discriminatoria nei confronti delle lavoratrici straniere che, molto più spesso delle italiane, sono presenti nel mercato del lavoro con rapporti a termine o di lavoro domestico”, ha riportato l’Asgi in un suo comunicato.