Politica

Non riesco più ad ascoltare un politico del Pd che non parli come l’ad di un’azienda

di Michele Sanfilippo

A Torino è stata indetta dal sindaco un’iniziativa che si chiama “Quale futuro per Torino” per cercare di capire come la città viene percepita e immaginata da residenti, addetti ai lavori e turisti. Ascoltando il nostro sindaco del Pd non posso fare a meno di pensare all’amministratore delegato di un’azienda e, allora, capisco quanto avesse ragione la Thatcher quando disse che il suo più grande successo era stato Tony Blair, dato che praticava le sue stesse politiche economiche. Da allora la metamorfosi delle sinistre è avvenuta, più o meno, ovunque e qui, in Italia: il merito di aver guadagnato la sinistra nel neoliberismo economico, più che alla Thatcher, va attribuito a Berlusconi che ha, davvero, lavorato e vinto, su tutti i fronti.

B. non si è limitato a diffondere il nulla culturale, con annessa sparizione di ogni principio di solidarietà sociale, attraverso le sue televisioni e altri mezzi d’informazione ma, soprattutto, ha sdoganato l’idea che anche la cosa pubblica vada gestita con gli stessi strumenti ed obiettivi di un’impresa il cui sviluppo deve essere anteposto ad ogni altra struttura sociale. Perfino, a scapito dei diritti dei lavoratori, perché la ricchezza prodotta ricadrà comunque su tutti gli strati sociali

Secondo questa meravigliosa narrazione l’eroe dei nostri tempi non è più il medico che salva le vite o lo scienziato che scopre nuovi vaccini ma l’imprenditore, capace contro ogni avversità, di produrre ricchezza e, quindi, benessere per tutti.

È un vero peccato che, per smontare questa bella favola, non esistano più gli Adriano Olivetti o Napoleone Leumann, fortemente radicati nel territorio e capaci di farlo prosperare, non solo economicamente, costruendo per le maestranze case, scuole e tanti altri servizi. Gli eroi del nostro tempo, purtroppo devono rispondere ad un consiglio d’amministrazione, magari controllato da un fondo pensione americano, a cui del territorio non importa nulla e che chiede solo dividendi maggiori che, magari, con qualche licenziamento (meglio dire, razionalizzazione delle risorse umane) saranno più cospicui.

Del resto basta analizzare un grafico relativo alla capacità economica delle classi medie degli ultimi decenni per constatarne l’incontestabile impoverimento e capire che non c’è niente di meno vero di questa favoletta che celebra l’eroe neoliberista che, però, è raccontata così bene e così ad ampio spettro (libri, film, serie tv, musei autocelebrativi) che a quanto pare, passa senza problemi.

Del resto il terreno era stato ben preparato. La penetrazione di questi principi è avvenuta gradualmente e a partire dalla formazione, sia quella pubblica che quella manageriale (su questo tema è imperdibile il libro di Michela Marzano “l’estensione del dominio della manipolazione”).
Il lessico è cambiato (per fare degli esempi: i servizi pubblici sono aziende – azienda sanitaria locale -, il personale di un’azienda è diventato una risorsa umana, il preside della scuola un dirigente scolastico) per fare in modo che cambiasse anche la nostra idea di economia.

E, dopo anni di lavoro ai fianchi, oggi non si trova un solo amministratore di sinistra che osi affermare, per esempio, che la tassazione debba essere progressiva (come prevede la costituzione) e che le tasse dei più ricchi sono strumento indispensabile per irrobustire servizi pubblici in grado di dare ai cittadini meno abbienti, una sanità pubblica dignitosa, trasporti pubblici per raggiunge i luoghi di lavoro (per chi un lavoro ce l’ha), una scuola in grado di favorire la crescita dei i giovani per trasformarli in cittadini consapevoli e favorire l’ascensore sociale.

Una vera mutazione antropologica che mi fa pensare che, probabilmente, il troglodita che non ha saputo capire quanto siano meravigliosi i nostri tempi, sono io.

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