Lo sciopero del pubblico impiego del 31 ottobre è la prima risposta dei lavoratori del comparto della sanità alla legge di bilancio del governo Meloni. Una protesta che, anticipando la grande mobilitazione nazionale del 20 novembre, coinvolgerà tutto il personale sanitario, tecnico e amministrativo che lavora per il Sistema sanitario nazionale. Medici, infermieri, ostetrici, tecnici della prevenzione, di laboratorio, della riabilitazione. Ma anche chi si occupa di gestire la prenotazione delle prestazioni o chi è impiegato nei servizi di accettazione. Tutti potranno incrociare le braccia per l’intera giornata per rivendicare rinnovi contrattuali adeguati all’aumento del costo della vita, un piano di assunzioni straordinario per contrastare la drammatica carenza di personale e lo stanziamento di nuovi fondi pubblici che permettano di stabilizzare i contratti precari.
I servizi minimi essenziali saranno in ogni caso garantiti. Funzioneranno normalmente i pronto soccorso e la chirurgia d’emergenza, come anche i servizi di assistenza ai pazienti ricoverati nei reparti, le prestazioni domiciliari e le altre attività di prevenzione urgente. Potranno invece saltare ed essere rimandati esami diagnostici, accertamenti e visite ambulatoriali. Oltreché i servizi amministrativi di prenotazione e accettazione delle prestazioni sanitarie. Insieme ai lavoratori della sanità, sciopereranno anche i dipendenti degli uffici pubblici (Inps, Agenzia delle entrate, Camere di commercio) e del comparto scuola, con manifestazioni che coinvolgeranno oltre 40 città italiane.
“La sanità pubblica è in via di smantellamento”, commenta a ilfattoquotidiano.it Stefano Corsini, di Usb sanità. La sigla sindacale, tra gli organizzatori dello sciopero, allestirà un presidio di protesta a Roma, alle 10.30 in Piazza Vidoni, davanti al dipartimento della Funzione Pubblica. “Al di là della brutta propaganda governativa – prosegue Corsini -, la verità è che si sta disinvestendo sulla salute pubblica e si continua a fare regalie alla sanità privata. I lavoratori, nei limiti previsti dalla legge sui servizi pubblici essenziali, si fermeranno per ribadire che le risorse destinate alla sanità sono ampiamente insufficienti a garantire anche solo la sopravvivenza stessa del Ssn”.
Usb definisce “umiliante” l’aumento destinato dalla manovra al rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro. “Uno 0,22% in più rispetto alle misere risorse già stanziate per il rinnovo dei Ccnl, ovvero sei euro medi lordi mensili in più, a cui si aggiungono il ripristino del blocco del turn over al 75% e i decisi tagli che si abbatteranno su ministeri, enti locali, scuola, università e ricerca. Senza nessuna risposta alla continua fuga del personale sanitario dagli ospedali pubblici”. “Ci vogliono riportare nella strada senza uscita dell’austerità e ci chiedono di accettare tutto questo come una condizione inevitabile. Noi non ci stiamo”, conclude Usb.
Si unisce alla mobilitazione contro una legge di bilancio “che colpisce sanità, enti locali, scuola e pensioni” anche Cib Unicobas. La sigla sindacale punta il dito contro “il mancato rinnovo del contratto scaduto da quasi tre anni”. “Le ultime leggi di bilancio – spiegano i delgati Cib Unicobas – hanno stanziato risorse ben al di sotto rispetto all’inflazione maturata nel triennio di riferimento. A fronte di un’inflazione reale pari al 18% è previsto un recupero del solo 5,78%, con un differenziale di oltre il 10%. Così si abbatte il potere d’acquisto dei lavoratori. Scioperiamo affinché vengano stanziate risorse aggiuntive per cercare di fare un passo verso l’equiparazione agli stipendi europei”, concludono.