Gli accordi preliminari sono ormai parte dell’industria musicale e le variabili di cui essere consapevoli sono molteplici, compresa la possibilità che il progetto non decolli
Per chi sogna una carriera da artista, oggi, il talent show è ancora e dopo anni una delle possibili strade per il successo. Un primo approccio con la performance su un palcoscenico e con il pubblico. Una vetrina per imparare a convivere con i sempre più incalzanti ritmi del mondo musicale. In Italia (e non solo), è nei grandi format come “Amici di Maria De Filippi”, “X Factor” e “The Voice” che le case discografiche provano a scovare talenti, proponendo alle produzioni collaborazioni attraverso le quali i giovani non ricevono denaro, ma un contratto per investire sul loro futuro.
Nel caso del talent targato Sky, ad esempio, i concorrenti che superano la seconda fase delle selezioni, i Bootcamp, firmano un pre-accordo con la Warner Music Italy, major affiliata alla trasmissione, fino al 2023 era la Sony Music Italia. Spesso, questo documento prevede la pubblicazione di alcuni singoli, un EP in caso di raggiungimento della finale e l’opzione per un disco successivo. Da monitorare, in seguito, l’andamento delle vendite sul mercato. Rari, invece, sono i casi di vincoli per album a lungo termine. Diverso è il discorso per “Amici di Maria De Filippi” perché la Fascino S.r.l. è azionista per il 40% dell’etichetta indipendente 21 Co. Gli alunni della scuola più famosa d’Italia hanno, dunque, la possibilità di cominciare la loro carriera direttamente sotto l’egida dell’etichetta del programma oppure accettare e valutare le numerose proposte che arrivano dalle major qualche giorno prima della Finalissima dello show.
TEMPO PER CRESCERE E CORTOCIRCUITI MENTALI – La firma di un contratto è una scommessa, anche economica, sia per gli artisti in erba che per le case discografiche. Stipulato l’accordo, entrambe le parti si impegnano a rispettare quanto deciso. E il copione, quasi sempre, è lo stesso per tutti. Da un lato, gli accordi preliminari sono ormai parte dell’industria musicale e le variabili di cui essere consapevoli sono molteplici, compresa la possibilità che il progetto non decolli. E la lista di vincitori dei talent che non hanno avuto il successo sperato è lunghissima.
Dall’altro, la frenesia della società si è ripercossa anche sul mondo della musica. Per le nuove generazioni – Zeta e Alfa – la salute mentale è la priorità. E, complici gli spietati meccanismi di mercato, non è insolito che le etichette sottovalutino la crescita personale degli aspiranti cantanti.
Un problema che il cantautore Alfa ha spiegato bene ai microfoni di Passa dal BSMT, podcast di Gianluca Gazzoli: “Le etichette discografiche firmano artisti molto giovani, li spremono e poi li buttano via sottovalutando la loro psiche. Io sono stato molto fortunato a firmare con un’etichetta indipendente in cui mi hanno sempre rispettato, in primis come essere umano e poi come ragazzo”. Anche perché, un percorso di crescita condiviso è un vantaggio per artista e casa discografica. “Mi hanno detto ‘cresciamo insieme. La musica non può sovrastare le tue esigenze da ragazzo di 18 anni’”, ha sottolineato il cantautore genovese.
Poi ha aggiunto: “Vorrei tornare a quel tipo di approccio e di valori. Oggi è tutto troppo figlio dell’hype, dell’occhio. Credo che sia un fattore molto generazionale. Penso che la generazione Z, ma anche l’Alfa, siano un po’ quelle dell’ansia. Soprattutto dopo il Covid, se tu togli del tempo prezioso alla generazione dell’ansia, questo chiaramente fa cortocircuito”.
A ognuno, insomma, serve il tempo per maturare e prendersi cura di sé stesso: “Siamo diventati tutti più fragili, aggressivi e quindi molto meno attenti. Ritengo, però, che oggi più che mai i cantanti, ma in generale tutti coloro che hanno l’occasione di parlare alla gente abbiano il compito di far riavvicinare le persone della mia età al concetto di vita e vitalità – ha evidenziato Alfa –. Perché siamo tutti molto disillusi. Oggi, se parli di futuro a un ragazzo giovane, le parole che vengono fuori sono ansia, paura. Vent’anni fa questo non accadeva”.