di Assemblea Precari* Università di Torino

Siamo dottorand*, assegnist*, ricercator* precar*, student* e docent* strutturat* che lavorano e vivono a Torino e da ottobre abbiamo iniziato spontaneamente a riunirci in assemblea per organizzarci contro i tagli ai finanziamenti dell’università e contro la cosiddetta “riforma del preruolo”.

La riforma Bernini moltiplica le forme contrattuali per il personale accademico non strutturato: diventeranno addirittura cinque (assistenti junior e senior, contrattist* post-doc, contrattist* di ricerca e professor* aggiunt*), tutte a tempo determinato e senza alcuna delle tutele associate al lavoro subordinato, producendo un iter ancora più lungo e frammentato prima della stabilizzazione.

Già oggi le università italiane si reggono sul lavoro precario, sfruttato e sottopagato del 39% rispetto al personale accademico. Attualmente, un terzo della didattica è garantito tramite docenze a contratto.

Alla riforma si accompagna inoltre un taglio del fondo di finanziamento ordinario pari a 173 milioni di euro rispetto al 2023, proprio mentre vengono meno le risorse straordinarie del Pnrr. Se l’università italiana era già sottofinanziata, dato che nel 2022 all’istruzione terziaria erano destinati fondi pubblici pari solo allo 0,3 per cento del Pil, questi tagli ne mettono ulteriormente a rischio il funzionamento. Per di più questo ritorno alla politica dei tagli, coerente con il nuovo patto di stabilità, avviene proprio mentre le spese militari vengono aumentate del 5% rispetto al 2023.

In un contesto in cui il 90% delle persone che consegue il dottorato viene espulso dal circuito dell’accademia, l’insieme dei tagli previsti, della nuova riforma del preruolo e del venir meno dei fondi del Pnrr non potrà che avere effetti devastanti, tanto per il personale precario quanto per la sopravvivenza stessa del sistema universitario, per la possibilità di garantire una formazione di qualità a studenti e studentesse e di garantire il loro diritto allo studio.

La riforma Bernini abolisce l’indipendenza del ruolo, dove chi fa ricerca si ritrova a dover fare l’imprenditore di se stesso, cercando di volta in volta fondi e contratti che comunque non garantiscono mai la stabilizzazione. Dietro la falsa retorica della cosiddetta “terza missione”, ai finanziamenti statali si stanno sostituendo sempre più spesso quelli di “donors” privati, orientando il sistema universitario verso interessi industriali e di mercato – in molti casi riguardanti investimenti militari – finalizzando di fatto anche la ricerca di base, smantellando le stesse basi epistemologiche dell’indipendenza scientifica.

Questo processo di privatizzazione e precarizzazione del lavoro in università, peraltro, riguarda tutti i servizi interni: dalle biblioteche, alle mense, alle pulizie; i cui contratti sono sempre più spesso appaltati a enti esterni, con un conseguente peggioramento delle condizioni salariali.

Per tutte queste ragioni chiediamo con forza l’immediato ritiro della riforma e il raddoppio del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), contestualmente a un cospicuo aumento dei fondi per gli istituti di ricerca pubblica, di modo da raggiungere il livello medio di investimento degli altri paesi europei.

Crediamo, altresì, che sia necessario eliminare il blocco del turnover nella pubblica amministrazione per superare il collo di bottiglia nei passaggi di carriera che alimenta una già satura sacca di precariato. Allo stesso tempo pensiamo si debba istituire quanto prima un piano straordinario di reclutamento che preveda, tra contratti di ricerca e ricercatori tenure-track, almeno la copertura dell’attuale numero di assegnist* e ricercator* a tempo determinato, seguito da una programmazione ciclica e ordinata del reclutamento, che consenta raggiungere un rapporto di 1 a 20 tra personale docente strutturato e studenti.

Per quanto riguarda le forme contrattuali riteniamo che si debba mantenere il contratto di ricerca post-doc come figura unica di preruolo, adeguandolo in questa sede in termini di retribuzione, tutele e diritti soggetti alla contrattazione collettiva, nonché istituire un contratto dottorale con retribuzione minima e pari diritti e tutele in tutti gli atenei italiani.

In ultimo pensiamo non sia più rimandabile una profonda revisione del sistema di valutazione della ricerca, a partire dall’eliminazione dei criteri meramente quantitativi. Se da una parte risulta chiara la scure governativa che ci attende, dall’altro sono chiare le nostre rivendicazioni. In questi mesi, a ridosso della finanziaria e dell’accelerazione in sordina che ha preso la riforma Bernini, si stanno organizzando in diverse città coordinamenti di lotta contro la riforma e il taglio dei fondi. Consapevoli di non essere le uniche vittime dei tagli, ci inseriamo con una forte solidarietà all’interno dei percorsi di protesta che attraversano trasversalmente la maggior parte dei settori pubblici ormai al collasso: dalla sanità, ai trasporti, dalla scuola all’università.

Nei prossimi giorni attraverseremo le giornate di sciopero già indette, sia con iniziative comuni sia con iniziative rivolte alla mobilitazione dell’intero corpo universitario. La nostra strategia è chiara e pubblica: servono dei forti segnali politici per fermare l’intera scure dei tagli ai finanziamenti pubblici e all’infinita precarizzazione che ha già rovinato le nostre vite. Uno di questi segnali sarà il blocco della didattica: facciamo appello a tutti i precari della ricerca ad attivarsi il prima possibile per un’università che vogliamo e a mobilitarsi da oggi con ogni strumento necessario!

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