Si scrive Dana (“Depresión Aislada en Niveles Altos“) o ‘gota fría’, ma si legge tsunami. Questo è stato il fenomeno alluvionale che in pochi minuti ha portato lutti e distruzione in quella parte di Levante spagnolo dove piove poco, quasi mai. La polemica politica ha cavalcato l’onda fangosa, tuttavia meno di quanto si poteva attendere in un paese che, come l’Italia, sa montare il livello dello scontro su ogni possibile argomento.

La destra non ha caricato più di tanto contro l’esecutivo di sinistra retto dal socialista Pedro Sánchez, eppure la gestione dell’emergenza non è scevra da inefficienze e ritardi, sia nella fase della prevenzione e degli allarmi sia nei successivi interventi di protezione civile.

I conservatori del Partido Popular sanno bene di non poter alzare il tiro, se la macchina della prevenzione e delle emergenze ha funzionato poco è anche perché la Generalitat della regione valenciana è guidata da esponenti di destra, presieduti da quel Carlos Mazón che, poche settimane dopo il suo insediamento, ha adottato una misura drastica, lo smantellamento della Unidad Valenciana de Emergencias, uno strumento di risposta rapida a qualsiasi catastrofe. Un ente che era poco più di una “scatola vuota”, si difende ora il presidente.

Ecco che allora dalla vicenda locale si passa a sistemi più grandi, mettendo al centro della disputa politica l’eterna questione sul cambiamento climatico e sulla sua irreversibilità.

Il fenomeno della Dana, abituale a queste latitudini del Mediterraneo, assume dimensioni più intense e frequenti, come riconosciuto dal Report 2024 ‘sobre el estado del clima’ pubblicato di recente dalla rivista BioScience. Dove finisce la scienza inizia il negazionismo, alimentato in rete dai complottisti ma sostenuto anche nelle stanze della politica. I negazionisti del cambiamento climatico in Spagna hanno nome e cognome politico: Santiago Abascal, leader di Vox e stretto alleato del premier Giorgia Meloni. Definisce gli scienziati “sciamani della fine del mondo”, da questo universo fatto di cospirazionisti e avventurieri politici, nel pieno dell’emergenza nelle province di Valencia e Albacete, è partito un profluvio di ‘bulos’, come chiamano qui le fake news.

Ipotetici crolli di dighe – per fortuna rimaste tutte in piedi -, rischi derivanti dall’ingerimento di acqua sgorgante dai rubinetti domestici di Valencia, saccheggi di massa in grandi magazzini e piccoli esercizi commerciali. Notizie false che hanno costretto le autorità a convocare conferenze stampa per smentire e per mettere in guardia la popolazione dalla consultazione di canali non ufficiali.

L’acqua, la prevenzione carente, le fake news, la notte buia di Valencia, del Levante e di parte della Costa de la Luz tra Malaga e Cadice non sarà facile da dimenticare.

La Spagna ha un’orografia diversa dall’Italia, meno diffuso il rischio idrogeologico, meno diffusi i fenomeni alluvionali. Tuttavia ci unisce la poca attenzione per il territorio e per la manutenzione, una cementificazione invasiva in prossimità dei corsi d’acqua, l’incapacità di prevedere i segnali che arrivano dalla natura. La Catalogna, nel 2024, ha registrato una delle peggiori carestie della storia recente, mesi e mesi senza una goccia d’acqua dal cielo. In queste ore si lancia anche qui un’allerta meteo, di colore arancione, per possibile Dana, la “Depresión Aislada en Niveles Altos” di questo millennio.

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