Le elezioni presidenziali della prossima settimana, sia che vinca Trump sia che vinca Harris, porteranno a un clima di violenza politica in America. Non c’è bisogno di essere distopici, è nell’aria. Il virus – senza parlare di storia, da Lincoln a Kennedy – ha già contaminato gran parte della campagna elettorale, con un picco nei due tentativi di assassinio dell’ex presidente Trump negli ultimi mesi.

Molti scenari prevedono scontri in strada, insurrezioni, disordini. A Washington la polizia di Capitol Hill giorni fa ha eseguito “prove di evacuazione delle vittime”, con l’atterraggio di tre elicotteri sul fronte est del Campidoglio. L’intera area è recintata con alte barriere di metallo e filo spinato, quel che si vede in termini di sicurezza non ha precedenti nella capitale. Per i repubblicani la vera minaccia alla tenuta dell’ordine pubblico sarà la sinistra del partito democratico, secondo loro non in grado di gestire e accettare un altro mandato di Trump. In effetti l’area liberal dem e una fazione non piccola del deep state, pensano che il settantottenne ex presidente si prepari a governare “come un dittatore”, il dna dell’autocrate ce l’ha innato. E Kamala lancia lo stesso messaggio, oltre che insistere sull’instabilità mentale dell’avversario.

Dall’altra parte, la gran maggioranza degli americani pensa sia inevitabile che Trump contesterà i risultati delle elezioni, se perde. Parlerà di brogli e voto rubato, urlerà al complotto, è pronto con l’appoggio del partito a iniziare decine di cause civili a livello di contea nei singoli stati in bilico (Michigan, Pennsylvania,Wisconsin), dove poche migliaia di voti decideranno tutto. I suoi discorsi, già oggi incendiari, galvanizzeranno i fan più ribelli e antisistema, i suprematisti, i cristiani bianchi, i razzisti, incitandoli a commettere atti di insurrezione e disordini civili a livello nazionale. Un sequel meno abborracciato dell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021? La differenza è che stavolta Trump non è presidente, zero potere esecutivo, un Biden livoroso e in via di uscita non esiterà a far intervenire polizia, Guardia Nazionale e l’esercito.

Vari sondaggi supportano l’ipotesi. Secondo un’indagine d’opinione di Scripps News/Ipsos, la maggioranza degli americani prevede violenze all’indomani delle elezioni e anche in seguito, dato che lo spoglio dei voti negli stati in bilico richiederà giorni. Il sondaggio rileva che il 62% degli americani ritiene “un poco” o “molto” probabile atti di violenza post-Election Day. Convinzione bipartisan: il 70% dei democratici e il 59% dei repubblicani concordano. Circa la metà degli interpellati (51%) dichiara che sarebbe favorevole all’uso dell’esercito per prevenire disordini, anche se questa opinione è più popolare tra i repubblicani (61%) che tra i democratici (51%). Particolare di spicco: un terzo dei repubblicani pensa che i “veri patrioti” potrebbero dover ricorrere alla violenza per “salvare il paese”, rispetto al 22% degli indipendenti e al 13% dei democratici. Attenzione: gli americani (346 milioni di persone) hanno in casa 393 milioni di armi.

Un altro sondaggio, condotto dal Public Religion Research Institute (PRRI) e dalla Brookings Institution, fa luce sulle differenze religiose, razziali e politiche di chi vive negli Stati Uniti al momento del voto. Senza entrare nei dettagli, c’è un punto su cui la stragrande maggioranza è d’accordo: il 75% degli americani di ogni opinione politica – destra, sinistra e indipendenti – concorda sul fatto che nelle presidenziali del novembre 2024 “la democrazia è a rischio”.

Lo scenario è reso ancor più teso e caotico dalla sfiducia nei media tradizionali (quotidiani e tv), il dilagare di disinformazione e fake news, l’odio tra opposte fazioni, cioè benzina sul fuoco per potenziali atti di violenza estrema. Come conferma un report delle agenzie di intelligence statunitensi, che individua negli estremisti ‘domestici’ radicalizzati tramite teorie della cospirazione – tra cui la convinzione di brogli elettorali diffusi – la minaccia più probabile di violenze. In un bollettino di intelligence congiunto non distribuito pubblicamente ma rivelato da NBC News (l’intelligence statunitense avverte che gli estremisti ispirati alle teorie cospirative rappresentano una grave minaccia per le elezioni del 2024), gli agenti dell’FBI e del Dipartimento di Sicurezza Nazionale danno l’allarme alle forze dell’ordine statali e locali: estremisti ‘domestici’ cercheranno di terrorizzare con minacce concrete le elezioni, fino al giorno dell’inaugurazione il 20 gennaio 2025, quando Biden cederà il potere. Le minacce potenziali includono attacchi fisici e violenza ai seggi elettorali, agli uffici di registrazione, nei comizi ed eventi della campagna elettorale.

Il rapporto identifica come obiettivi i candidati (sia Harris che Trump ma anche chi si presenta per Camera e Senato a livello locale), funzionari pubblici, operatori addetti al voto, giornalisti e membri dei media, giudici coinvolti in casi di dispute elettorali.

La violenza dunque più che un’ipotesi è una certezza per le agenzie di intelligence Usa, al punto che sui social abbondano i post sull’introduzione della “legge marziale”. La superpotenza n.1 al mondo va dunque verso il più rischioso stress test sulla tenuta del proprio tessuto democratico. Ma la domanda è lecita: gli Stati Uniti si avviano ad essere un’autocrazia? Erdogan e Xi Jinping sono il modello di governanti a cui Trump vuole ispirarsi? Personalmente non mi stancherò di ricordare che nei cowboys e nella conquista del West alligna la vera anima dell’America, come patria. Da lì deriva la smisurata ambizione di egemonia globale, compreso il risvolto degli scenari distopici e di guerra.

Prima del voto di martedì 5 novembre, il mio consiglio (per quanto valga) è di vedere il film ormai cult Civil War in cui il regista Alex Garland racconta le minacce di tenuta della democrazia americana già al passato. L’esercito è chiamato a intervenire per domare la lotta armata e l’insurrezione di due stati scissionisti dal governo federale, California e Texas, mentre alla Casa Bianca è asserragliato e sotto assedio un presidente al terzo mandato. Fantapolitica?

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