Non ci sarà, almeno prossimamente, un cessate il fuoco in Libano. Lo ha dichiarato in un’intervista ad Asharq al-Awsat il presidente del Parlamento libanese, Nabih Berry, attribuendo la responsabilità del fallimento del tentativo di mediazione americano al premier d’Israele, Benjamin Netanyahu, che ha respinto la road map del Libano concordata con l’inviato Usa Amos Hochstein. Adesso, però, a tenere gli sforzi diplomatici bloccati arrivano le elezioni americane: che alla Casa Cianca arrivi di Donald Trump o Kamala Harris farà una grande differenza sull’approccio Usa al conflitto israeliano. Dello stesso avviso è lo stesso Berry: “Hochstein non ci ha comunicato nulla dopo che è partito da Israele” nei giorni scorsi, al contrario di quanto “aveva promesso” nell’ultima visita a Beirut nel caso avesse visto elementi positivi a Tel Aviv, ha detto.

I risultati si vedono anche sul campo. Israele ha intensificato i bombardamenti sul Paese dei Cedri, tornando a colpire per la prima volta dopo una settimana Dahiyeh, nella periferia meridionale della capitale, dove sorge il quartier generale di Hezbollah. Oggi nuovi bombardamenti sono stati registrati nella città costiera di Tiro. Almeno 10 persone sono morte e 26 sono rimaste ferite, poi, nei raid israeliani nell’est del Paese, la maggior parte in un solo villaggio nella regione di Baalbek-Hermel. Il premier Najib Mikati ha criticato “l’espansione” degli attacchi: “La rinnovata espansione della portata dell’aggressione del nemico israeliano alle regioni libanesi, le sue ripetute minacce di evacuare intere città e villaggi, e il suo rinnovato attacco dei sobborghi meridionali di Beirut sono tutti indicatori che confermano il rifiuto del nemico israeliano di tutti gli sforzi compiuti per assicurare un cessate il fuoco”.

Le dichiarazioni delle ultime ore tornano a far salire la tensione tra Tel Aviv e Teheran. Israele si trova in un “alto livello di prontezza” in vista di un possibile attacco dall’Iran. Lo scrive la Cnn citando una fonte militare israeliana, che tuttavia ha aggiunto che stanno “ancora valutando il processo decisionale in Iran” per determinare se e quando avrà luogo una rappresaglia per i raid israeliani contro la Repubblica islamica del 26 ottobre . Secondo la fonte, i recenti attacchi israeliani alle strutture di produzione missilistica e alla difesa aerea iraniana hanno “creato un dilemma per Teheran”, poiché la sua capacità di colpire Israele e difendersi da futuri attacchi israeliani è stata diminuita.

Il New York Times riferisce che la guida suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha dato ordine lunedì scorso al Consiglio per la sicurezza nazionale di prepararsi ad attaccare Israele. Fonti iraniane hanno riferito al quotidiano che Khamenei ha deciso dopo aver esaminato un rapporto militare dettagliato sui danni causati dall’attacco. Secondo Khamenei, mette in evidenza il New York Times, la portata dell’attacco di Israele sarebbe stata troppo grande per essere ignorata e non rispondere significherebbe ammettere la sconfitta.

Da ieri Teheran ha intensificato le dichiarazioni secondo cui la risposta all’attacco sarà violenta. “La recente azione del regime sionista, che ha attaccato parti del nostro Paese, è stata un atto disperato, e la Repubblica islamica dell’Iran risponderà in un modo brutale che farà pentire Israele”, ha affermato Mohammad Mohammadi Golpayegani, capo dell’ufficio di Khamenei. Secondo il capo delle Guardie della rivoluzione iraniana, Hossein Salami, Israele riceverà una “risposta inimmaginabile“.

Intanto non si fermano le operazioni delle Israel Defense Forces nella Striscia di Gaza. L’agenzia palestinese Wafa riferisce che 47 palestinesi sono stati uccisi e decine sono rimasti feriti, la maggior parte bambini e donne, in diversi raid notturni. Gli attacchi hanno preso di mira la città di Deir al-Balah, il campo profughi di Nuseirat – dove sono morte almeno 10 persone – e la città di Al-Zawaida. “Molte vittime sono state uccise a Nuseirat, dove gli attacchi colpito diverse case, comprese quelle che ospitavano famiglie sfollate”, scrive la Wafa. L’Idf ha affermato che le sue truppe hanno eliminato “diversi terroristi” nel centro di Gaza e hanno eliminato “decine di terroristi” a Jabaliya, nel nord dell’enclave.

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