Paolo Banchero infortunato: era partito forte
Starà fuori per almeno 15 giorni, purtroppo, per infortunio. Ma il “paesano” aveva iniziato con un discreto punto esclamativo la propria stagione NBA. Siamo in odore di consacrazione definitiva? Possibile, se rientra bene dallo stop. In settimana, nella vittoria contro Indiana, ha fatto in tempo a scrivere 50 punti, con 13 rimbalzi e 9 assist (da tre punti, però, un 3 su 9…). L’ex Duke ha tanti punti nelle mani, ma anche voglia di servire i tagli dei compagni verso il ferro. È al suo meglio quando può attaccare il canestro in palleggio, perché ha un arresto e tiro da urlo (anche dalla media distanza), tratta bene la palla, e ha fisico per entrare, reggere i contatti e rimanere in equilibrio per la soluzione. Sa mettersi anche in post-basso per cercare la soluzione in turn-around-jumper. È ormai il primo violino degli Orlando Magic, che sono quarti a Est con 3 vittorie e 2 sconfitte. E la sua assenza peserà non poco. Tuttavia, Banchero ha ancora ampi margini di miglioramento. Dall’arco, per dire, deve iniziare a diventare più continuo, perché il 34,4% di media non fa di certo gridare al miracolo. Inoltre, uno che gioca la sua mole di possessi, non può sparacchiare ai liberi con il 64,4%. Non è sufficiente. Però, ormai, è uno dei nomi della NBA. Non era così scontato all’inizio della carriera. Buona ripresa.
Karl-Anthony Towns “in the zone”
Contro Boston non era partito benissimo. Giovedì, invece, nella vittoria su Miami, ha giocato con la voglia di far capire ai Minnesota T-Wolves a cosa hanno rinunciato. Una prestazione in stato di trans agonistica pura. Per lui 44 punti, con 17 su 25 dal campo e 4 su 5 dalla lunga distanza. Immarcabile. In più, sembra che giochi nel sistema dei Knicks da sempre. Occhio, siamo solo all’inizio. Però i segnali non sono affatto male. Vero maestro del pick-and-pop, quando il lungo va a bloccare e invece di tagliare verso canestro si apre per il tiro. Con le mani che ha, c’è da giurare che in combinazione con Brunson, in questa situazione, mieterà parecchie vittime per tutto il campionato. A un centro punto della gara contro gli Heat, ha fatto una partenza in palleggio stessa-mano-stesso-piede contro Adebayo così naturale da sembrare una guardia. Nell’azione successiva, invece, è stato servito su un taglio e ha tirato su un piede con tocco morbido e silenzioso. Sta segnando 22,5 punti di media, con 11,3 rimbalzi il 72,7% da tre (!). E c’è la sensazione che New York abbia fatto l’affare.
Chet Holmgren, un bene prezioso per OKC
Ragazzi, che giocatore. Un 2.18 con quelle caratteristiche è prezioso nella NBA odierna come un Gronchi rosa. Ed è la vera arma tattica dei Thunder, perché dà al sistema di gioco un equilibrio in attacco e in difesa impagabile. Contro San Antonio, ha fermato a due mani sul tabellone Victor Wembanyama, è sceso a terra ed è andato su – sempre a due mani – per stoppare Sochan, che ne frattempo aveva recuperato il pallone. Ha verticalità, tempismo, comprensione delle rotazioni difensive, voglia. Un muro. Letteralmente, una barriera invalicabile. Poi c’è l’attacco, e anche qui Holmgren è messo più che bene. Grande mano da tre, i suoi tiri a rimorchio in transizione ormai sono una delle cose più belle da vedere quando è in campo Oklahoma. Sa tagliare bene a canestro, anche dal lato forte, e se si trova palla in mano dopo un rimbalzo difensivo può guidare una transizione centrale senza darsela sui piedi. Inoltre, capisce il gioco, vede i compagni e può passare bene la sfera. Per lui, 22,5 punti di media, conditi con 11 rimbalzi e 3,5 stoppate. Prezioso.
That’s all Folks!
Alla prossima settimana.