Yüksel Pazarkaya è uno scrittore e traduttore tedesco nato in Turchia, a Izmir, nel 1940 e arrivato in Germania come studente nel 1958. Era proprio il periodo dei cosiddetti Gastarbeiter, cioè dei lavoratori “ospiti” stranieri che avrebbero energia alla “locomotiva tedesca”, alla ricostruzione, insomma al miracolo economico tedesco. Pazarkaya studia chimica a Stoccarda, ma dopo la laurea comincia a studiare letteratura e filosofia. Conclusi anche questi studi lavora per la radio, diventa regista e drammaturgo, inizia un progetto pilota con attori e lavoratori migranti.
Ha pubblicato volumi di poesia, prosa anche di letteratura per bambini e ragazzi, traduce dal turco in tedesco e viceversa. Riceve numerosi riconoscimenti in Turchia, ma soprattutto in Germania, tra cui l’Adalbert-Chamisso-Preis, il più prestigioso premio dedicato alla letteratura migrante. Cittadino tedesco, vive attualmente in Turchia.
Dagli anni 1970 in poi è un osservatore attento della situazione sociale e mette al centro della sua attenzione i cambiamenti sociali e culturali, contro la discriminazione e per promuovere l’integrazione. Per esempio, come traduttore dal turco presenta il meglio della letteratura e poesia turca (Hikmet etc.) per presentare un’immagine alta della cultura turca. Farà lo stesso traducendo letteratura tedesca in turco per facilitare la comprensione reciproca. Pazarkaya, che può essere considerato uno dei primi scrittori turco-tedeschi, è senz’altro tra più attenti mediatori tra la cultura turca e tedesca.
E. T.
hasan uzun
I
aver imparato a cucire dal padre
a sivas
con gli occhi
essere seduto nella cruna della notte
il terremoto
aggiustare i pantaloni
modificare
la camicia di un pastore con altri colori
con tutta la forza delle sue braccia
dei denti degli occhi del cervello
di hasan uzun
[…]
II
ho venduto
il ferro da stiro le forbici la macchina da cucire
un giorno d’inverno
come se avessi venduto mio padre
da una parte della mia testa un peso
dall’altra
un vuoto come speranza
[…]
mi sono messo in cammino
è una sensazione strana
forse nel midollo dell’essere umano
forse in una parte vacua
uno strappo strano
[…]
[in: Irrwege/Koca Sapmaler, 1985 Frankfurt a.M. (Daḡyeli), p.25]
Pensieri sul ritorno
1
Nessun viso qui mi ricorda i giorni dell’infanzia
qui non correvo tra i vicoli
nessuna vicina mi portò il sorbetto della puerpera
né i dolci del banchetto funebre
mai sentii il primo vagito di un bambino nella casa vicina
mai vidi una bara in spalla
nessun colpo di cannone per la fine del digiuno
e per la festa del Ramandan qui non si decora la piazza per i bimbi
le mie scarpe qui non sono coperte di polvere
e il sole mai mi fa sudare
siccome qui non capisco la lingua ho una cattiva fama
prugni e mandorli non li vedo più fiorire
qui non ci sono montagne di cocomeri e cesti pieni di fichi
l’albicocca non la vedo più sul suo ramo
le more di gelso bianche e nere non ci sono da tempo
non sono stato soldato non ho festeggiato le mie nozze qui
ho portato il tè l’anisetta i fagioli bianchi e il kebab
ma non ho saputo portare me fino a qui.
2
Qui ci sono tutti i giorni della mia infanzia
tutte le parole della mia lingua sono di qui
con l’eccezione del mio nome
con l’eccezione del nome dei miei genitori
Qui sono andato all’asilo e a scuola
non potrei rinunciare al panino col salame e al bombolone
qui conosco la piazza del mercato e il grande magazzino
qui mi oriento nel metrò
Nella squadra del mio quartiere gioco da ala destra
qui i miei amici fanno le feste di compleanno
come potrei arrivarci da lontano
come potrei invitarli per il mio compleanno
se un giorno andassi via da qui
non sono venuto proprio da nessuna parte
in nessun luogo posso tornare
Mi sono luce e ombra
“ogni paese, ogni viaggio moltiplica il nostro viso”
Özdemir Ince
1
Quante meraviglie nell’epoca
della clonazione
Ma chi ha un viso lo protegga
dalla presa delle schiappe.
Ognuno conservi il suo viso
dai disegni nell’acqua e nell’aria
dal gelo.
Chi ha un viso non ha bisogno di un altro.
A chi lo consuma, non gliene cresce un altro.
2
Dove metto piede
l’ombra non mi cerca.
Nessun sole in nessun paese, in nessun
specchio getto la mia ombra.
Luce e ombra sono io per me
qui e là, la mia luce
e la mia ombra.
Cos’è
Il pensiero dell’affamato è il pane
Cos’è il pensiero del sazio
Il pensiero del povero è la mancanza
Cos’è il pensiero del ricco
Il pensiero dello schiavo è la libertà
Cos’è il pensiero del libero
Il pensiero dell’esule è la patria
Cos’è il pensiero di chi è di casa
Il pensiero di chi è senza lavoro è il lavoro
Cos’è il pensiero di chi ha un posto fisso
Il pensiero di chi non sa è il sapere
Cos’è il pensiero di chi sa
La donna amata è il mio pensiero
Cos’è il pensiero dell’amata
[in: Yüksel Pazarkaya “Du-Gegenden” (2005), p.12]