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Brasile, condannati gli assassini dell’attivista Marielle Franco, uccisa nel 2018. “Iniziato il percorso per la giustizia”

Ci sono voluti più di sei anni di attesa. Giovedì 31 ottobre, gli ex agenti della polizia militare Ronnie Lessa e Élcio Queiroz sono stati condannati rispettivamente a 78 anni e 59 anni di carcere per gli omicidi dell’attivista brasiliana Marielle Franco e del suo autista, Anderson Gomes, assassinati a colpi di arma da fuoco nella loro auto nel marzo del 2018 a Rio de Janeiro.

Franco, consigliera comunale, era considerata un’icona nella difesa dei diritti e nella lotta contro gli abusi della polizia e la corruzione: il suo omicidio, uno dei più rilevanti degli ultimi anni della storia del Paese, aveva scioccato il Brasile, generando proteste e indignazione che avevano superato i confini nazionali. Dopo il suo assassinio, centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza in molte città brasiliane per chiedere un’indagine adeguata. “La giustizia a volte è lenta e cieca ma raggiunge anche chi crede che non sarà mai preso”, ha affermato la giudice Lucia Glioche, mentre in aula i familiari delle vittime si abbracciavano tra le lacrime. “Oggi è il primo passo verso la giustizia”, ha dichiarato Luyara Santos, figlia di Franco. “C’è ancora molto da fare, noi continueremo a lottare”.

Il processo è durato due giorni. In attesa della sentenza, oltre 200 persone si sono radunate di fronte all’entrata del tribunale e hanno manifestato la loro solidarietà stringendo in mano un girasole. La giuria popolare era composta da sette cittadini comuni, bianchi e di mezza età. Ronnie Lessa e Élcio Queiroz erano stati arrestati nel 2019, un anno dopo il crimine, con l’accusa di omicidio doppio aggravato, tentato omicidio e possesso di un veicolo rubato. La procura aveva chiesto il massimo della pena, cioè 84 anni di carcere.

Lessa, che aveva confessato di avere sparato, è stato condannato a 78 anni e 9 mesi di carcere, mentre Queiroz, che aveva ammesso di essere alla guida dell’auto Chevrolet Cobalt usata per l’agguato, è stato condannato a 59 anni e 8 mesi di carcere. Tuttavia entrambi avevano stretto accordi con la procura per collaborare con le indagini e così sconteranno una pena minore. Questa sentenza sarà quindi applicata solo nel caso in cui gli accordi, ad oggi non resi noti, siano violati. Per le famiglie delle vittime, che negli anni hanno ricevuto il sostegno di movimenti sociali e delle organizzazioni in difesa dei diritti umani, il processo ai responsabili materiali degli omicidi è l’inizio della battaglia. Il prossimo passo sarà ottenere la condanna dei mandanti.

Lessa aveva identificato come presunti mandanti dell’omicidio l’ex consigliere della corte dei conti locale Domingos Brazão e il fratello José “Chiquinho” Brazão, deputato del partito di centrodestra União Brasil, noti nella malavita di Rio de Janeiro e influenti soprattutto nel quartiere di Jacarepaguá, fortino del crimine organizzato locale. Dopo le accuse di Lessa, i due sono stati arrestati lo scorso marzo e sono in attesa del processo che ad oggi non ha una data. Secondo Lessa, avrebbero ordinato l’uccisione di Marielle Franco perché la consigliera poteva rappresentare un ostacolo all’espansione dei loro progetti imprenditoriali e immobiliari in città e di quelli delle milizie che la controllano.

Inoltre, come spesso hanno spiegato le persone più vicine all’attivista, Franco incarnava, a livello simbolico, tutto quello che per i due costituisce un pericolo: afrodiscendente, bisessuale, femminista, sposata con una donna e originaria di una favela. Come attivista e consigliera, Franco si era battuta per le comunità più vulnerabili di Rio de Janeiro e aveva denunciato gli abusi impuniti compiuti dalla polizia nelle favela. I fratelli Brazão, accusati di avere legami con la criminalità organizzata, hanno negato il loro coinvolgimento. Nella stessa operazione, era stato arrestato anche l’ex capo della polizia civile di Rio de Janeiro Rivaldo Barbosa, incaricato di indagare sugli omicidi, con l’accusa di avere ostacolato e insabbiato le indagini.

Nella sua testimonianza avvenuta in videoconferenza dal carcere, Lessa ha descritto con freddezza ogni fase della trama criminale, come ha compiuto l’esecuzione di Franco usando una mitragliatrice MP5, e ha chiesto perdono. Ha affermato di essere rimasto “accecato” dall’offerta da un milione di dollari ricevuta per compiere il crimine. “Voglio chiedere scusa alle famiglie di Anderson, Franco e a tutto il Paese”, ha affermato. Il pubblico ministero Fabio Vieira ha definito queste affermazioni “una farsa”.

Nel processo sono stati ascoltati nove testimoni. Tra loro l’unica sopravvissuta di quella notte, Fernanda Chaves, che è comparsa in videochiamata perché, dopo l’omicidio, ha dovuto lasciare il Paese per la sua incolumità. L’ex addetta stampa e amica di Franco ha ricordato l’eredità dell’attivista e affermato che “queste persone ci hanno tolto Marielle, ma non hanno potuto interrompere ciò che rappresenta. Loro (i killer e i mandanti, ndr) passeranno il resto della loro vita nella miseria e continueranno a vedere il volto di Marielle sui muri di tutto il mondo”.

Dopo la sentenza, la sorella di Franco e attuale ministra per l’Uguaglianza nel governo del presidente Lula, Anielle Franco, ha detto che “quando hanno assassinato mia sorella, con quattro colpi alla testa, non potevano immaginare la forza con cui questo Paese e il mondo si sarebbero sollevati”. E ha aggiunto che “quanto successo oggi è solo una parte della risposta che ci aspettiamo. Ma è iniziato il percorso verso la giustizia”.