“L’acqua di questa bottiglia nasce dai monti Sicani”, si legge sull’etichetta di una delle più note acque italiane, l’acqua Vera santa Rosalia. E dove si trovano i monti Sicani? In Sicilia, l’isola in ginocchio proprio per la carenza d’acqua. “Un brand che riduce l’impatto dei trasporti e valorizza il territorio”, pubblicizza ancora l’etichetta, riferendosi allo stesso territorio che nell’ultimo anno, viste le scarse piogge, ha registrato prosciugarsi le dighe e ridurre l’erogazione idrica. Eppure, in questa terra che pare viaggiare spedita verso la desertificazione, c’è acqua che sgorga limpida, fresca e abbondante: dai monti dell’Agrigentino partono dai trecento ai seicento litri al secondo verso almeno 15 comuni della Provincia. Una quota di quest’acqua, però, viene imbottigliata e venduta nei supermercati: diventa, appunto, l’acqua Vera santa Rosalia, oggetto di una concessione trentennale della Regione siciliana ai privati. Nonostante la siccità, nessuno ha pensato di ridurne la portata oppure, perché no, di requisire i pozzi a causa dell’emergenza. In compenso, l’Ambito territoriale idrico (Ati) di Agrigento ha deliberato di trovare nuovi pozzi in quello stesso bacino, perché i Comuni hanno bisogno di altra acqua. I tecnici però hanno avvertito: “Scavare ancora potrebbe abbassare la falda e causare un disastro”. Così il sindaco di Santo Stefano di Quisquina, il Comune in cui ricade la fonte, ha fatto ricorso al Tar contro il progetto. Si annuncia dunque una lunga battaglia legale tra soggetti pubblici siciliani, mentre nessuno tocca i privati. E una ragione c’è: per lo sfruttamento dell’acqua del bacino di Santo Stefano di Quisquina, nel 2021 e nel 2022 la Regione ha ricevuto un canone annuo di trecentomila euro circa. Ma andiamo per ordine.
Cronaca
Nella Sicilia in preda alla siccità l’Acqua Vera imbottiglia venti litri al secondo: ma nessuno tocca la concessione. E si scavano nuovi pozzi
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