Terremoto nell’ufficio di Benyamin Netanyahu: Eliezer Feldstein, portavoce del premier israeliano, è stato arrestato e interrogato diversi giorni fa dallo Shin Bet per le fughe di notizie riservate provenienti dall’ufficio del primo ministro e distribuite a due media europei, Bild e Jewish Chronicle, con l’obiettivo di difendere Bibi dalle critiche mentre i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza erano in stallo. Inizialmente erano state arrestate quattro persone, tra cui Feldstein, e una di loro è già stata rilasciata. Il nome del principale sospettato è stato reso pubblico dopo che un ordine restrittivo sulle informazioni è stato revocato dal tribunale di Rishon LeZion. “Ci potrebbe essere stato”, secondo il giudice, “un danno alla capacità delle agenzie di sicurezza di raggiungere l’obiettivo di liberare gli ostaggi” rapiti il 7 ottobre dello scorso anno da Hamas. Durante l’attacco, i militanti palestinesi hanno sequestrato 251 persone, di cui 97 sono ancora a Gaza. L’esercito israeliano afferma che 34 di loro sono morti. Feldstein avrebbe dato a media internazionali informazioni riservate per favorire la propaganda israeliana.
L’indagine era iniziata in seguito a “un sospetto significativo nello Shin Bet e nell’Idf” e avvalorato “dopo che la stampa ha riferito che informazioni riservate e sensibili erano state prelevate dai sistemi dell’esercito e diffuse illegalmente. C’era il timore di un grave danno alla sicurezza nazionale e di un pericolo per le fonti di intelligence”, hanno dichiarato i giudici in una dichiarazione riportata da Axios. Secondo quanto spiegato dai media israeliani e dall’Ap online, i documenti trapelati hanno costituito la base di un articolo sul Jewish Chronicle di Londra – ampiamente screditato e successivamente ritirato – che suggeriva che Hamas avesse pianificato di far uscire gli ostaggi da Gaza attraverso l’Egitto, e un articolo sul quotidiano tedesco Bild che affermava che Hamas stava prolungando i colloqui come una forma di guerra psicologica contro Israele.
Intanto anche oggi centinaia di manifestanti israeliani si sono radunati a Tel Aviv per esprimere la loro frustrazione nei confronti del governo per non aver raggiunto ancora un accordo di tregua per riportare a casa i prigionieri rimasti a Gaza. I dimostranti sventolavano bandiere e tenevano cartelli con slogan tra cui “Accordo ora”, “Fermiamo la guerra” e “Non li abbandoneremo”, e suonavano i tamburi gridando: “Perché sono ancora a Gaza?”. “Ci sono state innumerevoli opportunità per porre fine a questa crisi e ognuna è stata silurata dal governo”, ha detto Zahiro Shahar Mor, un impiegato di banca di 52 anni di Tel Aviv. “Il ciclo di violenza sta aumentando di settimana in settimana e non vediamo una fine”, ha aggiunto Mor, il cui zio Avraham Munder è stato ucciso in prigionia a Gaza e sta facendo una campagna per il rilascio degli altri rapiti.
Ifat Kalderon, una manifestante antigovernativa di spicco che teme per il cugino ancora imprigionato a Gaza, ha incolpato Netanyahu: “Ogni accordo per gli ostaggi di cui iniziano a parlare, lui lo sabota. Ha sempre incolpato Sinwar, ora Sinwar non c’è più ma ogni volta trova un altro motivo”, ha detto all’Afp. “È una guerra sanguinosa, dobbiamo fermarla. Basta. Stanno morendo così tanti soldati. E cittadini comuni”, ha detto, riferendosi ai civili di entrambe le parti del conflitto che pagano con la vita.