La modernità viene dal mare e si nasconde nei piccoli porti, nei villaggi arroccati sulle scogliere: a Colliure, uno sperduto paesino di pescatori d’acciughe nell’estremo sud della Francia, Derain e Matisse si trasformarono in “belve” divoratrici della tradizione, giovani oltraggiosi al Salon del 1905. Dopo aver fatto la rivoluzione in pittura, Henri Matisse [Le Cateau-Cambrésis, 1869-Nizza, 1954] uscì dalla gabbia dei Fauves per navigare a vista fino al grado zero della classicità e del colore: il suo Mediterraneo è un sentimento, non più una questione di luce ma di innumerevoli luci, non di uno ma di innumerevoli mari.
Matisse e la luce del Mediterraneo è il progetto espositivo curato da Elisabetta Barisoni per il Centro Culturale Candiani di Mestre in cui le raccolte d’arte moderna di Ca’ Pesaro affiancano autorevoli prestiti internazionali: s’intesse un dialogo di oltre 50 opere tra Matisse e le ricerche espressive di amici e artisti che hanno interpretato la poetica del Mediterraneo, le cui contaminazioni creano un affascinante racconto corale (Manguin, Derain, Marquet, de Vlaminck, Dufy, Bonnard sono solo alcuni).
Quando Matisse si chiuse alle spalle la porta dell’Ottocento aveva in mano una valigia di suggestioni impressioniste, simboliste e la lezione di Van Gogh; salpò verso la Corsica degli ulivi d’argento e del mare blu, il suo primo contatto con La luce del Mediterraneo che apre le sette sezioni della mostra. Raggiungere il Midi, il Sud della Francia, come anche le coste di Spagna, Corsica, Sardegna, il Marocco e l’Algeria, le isole greche, per gli artisti significava vivere una nuova età dell’oro, tempo mitico su quelle rive ostaggio della Storia.
Così fu anche per Matisse: dagli anni Venti La finestra rimase aperta per tre decenni sul mare della sua casa di Nizza, abbagliante speranza di rinascita dopo la devastazione della guerra. Nell’osmosi tra paesaggio naturale e orizzonte dell’anima, Matisse distillò le luci e le voci del Mediterraneo in gioia di vivere: serenità e voluttà dominano la sua opera nell’ebbrezza di colori vivaci e innaturali che non rispondono più ad alcuna teoria scientifica, ma solo alle emozioni.
Il passare dei decenni erode come un’onda continua la sua arte e la riduce all’essenziale nelle nature morte e nelle linee fluide che diventano ornamenti di uno spazio senza profondità né limiti. Reminiscenze islamiche e bizantine fioriscono negli interni e sui tessuti che avvolgono le odalische, idoli primitivi che celebrano il mito dell’eterno femminino tra erotismo e sensualità; la principessa Hélène Galitzine è l’Odalisca gialla, la musa che negli anni Trenta fece evadere dall’harem tutte le donne di Matisse e le lanciò nell’Europa della modernità. I papiers découpés sono il culmine creativo degli anni Quaranta e Cinquanta, quando ormai le condizioni di salute sempre più precarie gli impediscono di dipingere. Come Icaro sfidò gli dei, così Matisse ritagliò i limiti della convenzione artistica per il libro Jazz e passò Dal colore alla forma dei fogli di carta assemblati e incollati. Icaro vola in un cielo di stelle che esplodono per raccontare la storia di una caduta e di un abbraccio universale. Sfiora una stella con un dito, gesto creativo primordiale e nell’ombra oscura di se stesso sopravvive il cuore, sfera pulsante nella notte dell’umanità.
Il mare per il maestro fu vita, scoperta dei colori della propria anima, fu gioia e medicina. E quando non poté più camminare sulla sabbia né tuffarsi nelle sue acque blu, Matisse lo portò a casa e divenne Piscina, cosmogonia mediterranea, danza di carta che lo avvolse in un turbinìo di creature marine e se lo portò via.
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Matisse e la luce del Mediterraneo | Henri Matisse
Dove | Centro Culturale Candiani, Mestre
Quando | Fino al 4 marzo 2025
Orari | Mar-dom dalle 10 alle 19. Chiuso il lunedì
Biglietti | Ingresso gratuito previa registrazione (qui il form)
Web | https://muvemestre.visitmuve.it