La sua storia è diventata leggenda: Leonarda Cianciulli, massaia sulla cinquantina di origini campane con un passato difficile, dopo aver ucciso tre donne ne avrebbe fatto saponi e dolcetti da offrire agli amici. Fu proprio lei a dichiararlo e a costruire la storia ma quanto c’è di vero in questa terribile storia? Ne abbiamo parlato con la scrittrice Francesca Mogavero, autrice del libro “La saponificatrice di Correggio, il caso Cianciulli”, pubblicato da Giunti editore per la collana crime a cura di Gianni Biondillo.
Tra mito e realtà
I fatti sono noti: Leonarda Cianciulli, campana emigrata a Correggio, nella bassa emiliana con il marito e i quattro figli, attirò tre donne single del paese nel suo appartamento con false promesse e poi le uccise a colpi d’ascia e martello. I corpi vennero poi fatti sparire e non furono mai più ritrovati. Gli omicidi avvennero tra il 1939 e il 1940 e le vittime avevano in comune due cose: lo stato civile, nubile, ed erano tutte benestanti. In cambio di una delega per gestire i loro beni, la Leonarda prometteva loro incontri amorosi con uomini vedovi e di elevato stato sociale. La Cianciullì, che si dichiarò unica colpevole dei delitti, morì poi in un manicomio criminale. Intanto la sua storia è entrata nel mito ed il suo volto è persino stampato su gadget e magliette.
La maledizione
“Quando ero piccola in paese si diceva ai bimbi: fai il bravo o chiamo la Leonarda”, ricorda oggi la Mogavero che ha origini in parte lucane. Il taglio dell’autrice nel ripercorrere questa terribile storia è del tutto inedito: stralci del memoriale di 700 pagine della saponificatrice, scritto nel manicomio criminale, sono inframezzati da una narrazione serrata che riprende gli archetipi della fiaba, di quelle antiche e crude dei fratelli Grimm in cui alla Leonarda spetta il ruolo della strega, della megera. Gli elementi ci sono tutti: il divieto infranto che per Leonarda fu quello di avere figli, dopo la maledizione che le scagliò contro sua madre quando era ancora una bambina: “Ti mariterai, avrai figliolanza ma tutti moriranno i figli tuoi”. E coincidenza sfortunata: dei 13 bambini partoriti, solo quattro ne sopravvissero come del resto accadeva spesso, a quell’epoca. “Leonarda nacque sotto una cattiva stella – spiega l’autrice –, era la classica persona sfortunata che ritroviamo al centro delle fiabe antiche. Non fu amata da sua madre che dopo la morte del padre si risposò e la costrinse anche alla prostituzione. Il padre morì per una congestione in giovane età. Soffriva anche di epilessia. Al contrario delle protagoniste delle fiabe, tutte eroine in ascesa, la sua è una parabola discendente. Commise piccoli reati già in Irpinia, dove nacque, fece qualche truffa e quando si trasferì a Correggio completò la sua opera diabolica”. Ma di fiabesco nel libro della Mogavero c’è solo l’ambientazione perché i fatti riportati sono tutti tratti da fonti attendibili e dal memoriale della stessa Cianciulli. La struttura del libro è ciclica: tra i capitoli ci sono dei focus, e oltre a un approfondimento sulla lavorazione del sapone in uno di questi ci si chiede su cosa direbbero oggi gli psichiatri su Leonarda. “Indagando con esperti sui suoi tratti deliranti è emerso con forza quello della madre narcisista, perfetta a ogni costo e che tende a colpire tutto ciò che mette in discussione il suo status”. Lei è la tipica serial killer “ragno”, ha attirato le vittime in casa dopo aver guadagnato la loro fiducia in nove anni di conoscenza”, ci spiega la Mogavero.
La leggenda del sapone
E poi c’è il tratto più agghiacciante e che tutti si chiedono se sia vero in questa vicenda: davvero ha fatto delle sue vittime, sapone? “Questa storia non è vera ed è bastato fare un’analisi del pozzo di casa sua”, spiega l’autrice. A quanto pare da quel pozzo nero non è emerso nulla compatibile con questa storia che la Cianciulli potrebbe aver inventato in sede processuale in cui fece di tutto pur di farsi passare per pazza. “Fu lei stessa a inventare questa storia quando fu arrestato il figlio, accusato di complicità, sia per salvare lui ma forse anche per sfuggire alla pena di morte”. Quello della saponificatrice durante il processo fu un discorso roboante e malefico, disse di essere stata maledetta dalla madre e di vederla ancora comparire davanti a lei, quando era già morta, come una presenza spettrale che la perseguitava. “Ad un certo punto si sarà convinta anche lei delle storie che raccontava forse per nascondere la complicità del figlio Giuseppe e quando lui fu arrestato ha fatto di tutto, per amore di madre ha costruito questa storia assurda”.
Se la storia del sapone è una bufala, come diremmo oggi, che fine hanno fatto i corpi delle donne defraudate di tutti i loro beni e poi uccise? Dalle ricerche delle fonti riprese nel libro di Francesca Mogavero è emerso che “provò a scioglierle nella calce viva, poi li avrà gettati nel pozzo nero di casa dove sono stati trovati pochi resti tra cui una calotta cranica e una dentiera. Sembra avesse anche dei terreni con dei maiali a cui potrebbe averli dati in pasto. Il suo profilo di assassina ha comunque dei tratti maschili: era cruda e decisa. Una donna avrebbe torturato le sue vittime”.