Economia & Lobby

Cosa ci dicono i mercati sulle elezioni Usa. Le borse, per ora, “votano” Trump. Con qualche ripensamento negli ultimi giorni

Oltre ai sondaggi, che al momento offrono ben poche certezze, qualche vaga indicazione su da che parte stia tirando il vento in vista delle elezioni presidenziali di martedì la si può cogliere pure sui mercati. In particolare andando a guardare dove si stanno spostando gli investitori in base alle seguenti valutazioni: quali società sarebbero favorite da una vittoria di Donald Trump, con promesse di meno tasse sulle imprese, più dazi e meno attenzione alle politiche ambientali? Quali da un’affermazione di Kamala Harris?

Diciamo subito che sui mercati prevale la sensazione che a vincere sarà Trump. Non in maniera netta, ma le scommesse stanno andando in prevalenza in quella direzione, sebbene nell’ultima settimana la tendenza si sia indebolita. Una potenziale vittoria di Trump sta iniziando a essere “già scontata” in Europa, ha detto a Bloomberg Neil Birrell, responsabile degli investimenti presso Premier Miton Investors. “Gli investitori si stanno allontanando dalle azioni che erano state più penalizzate durante la precedente amministrazione Trump”, ha aggiunto.

La banca svizzera Ubs ha selezionato un paniere che raggruppa le azioni di aziende favorite dall’ Inflation Reduction Act, il maxi piano di investimenti dell’amministrazione Biden a supporto di settori come le rinnovabili, le auto elettriche e i semiconduttori. Anche se è improbabile che un Trump alla Casa Bianca smantelli interamente il programma, il paniere ha registrato un calo del 10% nell’ultimo mese. Viceversa la selezione dei titoli visti come beneficiari di un’affermazione dell’ex presidente ha registrato un rialzo.

Tra le azioni che si ritiene sarebbero favorite da Trump ci sono quelle delle compagnie petrolifere (meno restrizioni ambientali) e delle armi. È vero che il candidato repubblicano ha promesso una rapida fine della guerra in Ucraina, tuttavia, viceversa, la situazione in Medio Oriente potrebbe peggiorare ed uno dei “pallini” di Trump è la richiesta agli alleati Nato di aumentare gli stanziamenti per la difesa, almeno fino al 2% del Pil. Tra le società beneficiate da una sua vittoria vengono quindi inclusi anche i costruttori di armi europei come la tedesca Rheinmetall o la francese Thales.

Quando Trump vinse nel 2016, tra i titoli che registrarono le migliori performance ci furono quelle delle società che gestiscono penitenziari privati, un business molto diffuso negli Stati Uniti con gruppi come Corecivic o Geo Group che vantano fatturati miliardari. L’andamento dei due titoli presenta una qualche relazione con le vicissitudini elettorali. Entrambi hanno registrato un forte calo a luglio, dopo il ritiro di un Biden in grave difficoltà. Poi un graduale recupero (in concomitanza con la progressione di Trump nei sondaggi). Nell’ultimo mese entrambe le azioni sono cresciute di oltre il 5%. Tuttavia va detto che negli ultimi giorni i titoli sono scesi, coerentemente con i segnali di una piccola ripresa di Harris.

Per quel che vale, l’andamento di queste azioni segue in modo piuttosto fedele la curva delle probabilità di vittoria di Trump elaborata da sondaggisti come Nate Silver (uno dei pochi che nel 2016 fece la corretta “chiamata” su Trump).

Altri titoli particolarmente sensibili egli esiti del voto sono quelli delle energie rinnovabili. Il colosso degli impianti eolici danese Vestas Wind, nell’ultimo mese è sceso in borsa del 3%, ma ha recuperato qualcosa nell’ultima settimana. Sono salite negli ultimi giorni anche i titoli Orsted, altro gruppo danese dell’energia verde. La portoghese Edpr, altro big delle rinnovabili, è in calo dell’11% nell’ultimo mese e in progresso dello 0,3% negli ultimi 5 giorni.

Quanto al comparto automobilistico, le decisioni sui dazi sono destinate ad avere un impatto significativo. Trump ha prospettato la possibilità di imporre dazi fino al 1000% per le vetture importate da Cina o Messico (dove si trovano molti stabilimenti dei big europei). Verranno invece certamente confermate le agevolazioni per le auto costruite all’interno degli Usa. Il gruppo tedesco Volkswagen sembra particolarmente esposto al rischio di tariffe commerciali visto che gestisce un gigantesco stabilimento in Messico. Così come il marchio Porsche che rifornisce il mercato Usa solo tramite importazioni. Viceversa Mercedes e Bmw hanno siti anche all’interno dei confini statunitensi.

In definitiva, una vittoria di Trump sembra già essere prezzata nelle quotazioni delle aziende potenzialmente più esposte. Al contrario, un’affermazione di Harris, potrebbe innescare recuperi più significativi nei titoli sinora più penalizzati. Infine, qualche indicazione si legge anche nelle valute. Dazi significano meno importazioni e quindi meno richiesta di valute dei paesi che esportano verso gli Usa. Il peso messicano è stato penalizzato e spinto sui minimi dell’anno. È arretrato anche lo yuan cinese. Anche in questi casi però con una significativa inversione di tendenza negli ultimi giorni, a testimonianza (anche) di un ritorno di attenzione su Kamala Harris.