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“Il successo di Un Medico In Famiglia non è stato facile. Mio padre è morto mentre ero sul set. Per alcuni ero diventata antipatica”: lo confessa di Margot Sikabonyi

Parla l'attrice che per anni ha prestato il volto al personaggio di Maria

di F. Q.
“Il successo di Un Medico In Famiglia non è stato facile. Mio padre è morto mentre ero sul set. Per alcuni ero diventata antipatica”: lo confessa di Margot Sikabonyi

Nove stagioni, quattro fughe per poi tornare sul set. Il rapporto dell’attrice Margot Sikabonyi con la serie tv più amata d’Italia “Un Medico In Famiglia” non è stato sempre tutto e rose e fiori. E lo racconta la stessa Maria, così si chiamava il suo personaggio che ha debuttato a soli 11 anni per la prima puntata.

Quando è esploso il successo avevo 15 anni: arrivavano offerte dal cinema, il salumiere sotto ca- sa non mi faceva pagare più la merendina – ha confessato l’attrice a Il Corriere della Sera -. Ma io non trovavo gioia in niente. Appena ho avuto 18 anni, sono scappata, cercando qualcosa, non sapevo cosa. Sono andata a Parigi, poi a studiare Biologia Marina, lontanissimo, dall’altra parte del mondo. Le Hawaii, isole madri, fonti costanti di lava che esce dalla terra, hanno iniziato a parlarmi e l’essenza fortissima della natura ha cominciato a curarmi”.

Margot Sikabonyi ha con Maria rapporti sereni: “Con lei sono passata da ‘sono fighissima’ a ‘voglio scappare’, poi, l’ho usata per capire chi fossi. Adesso, da madre divorziata, dopo l’inferno in cui sono passata, la adoro. Quando una ragazza mi dice ‘ho studiato medicina ispirata da Maria’, mi emoziono. Oggi, provo solo gratitudine”.

Due i momenti più difficili della sua carriera e della sua vita privata: “Il momento più duro della mia vita è stato il divorzio, il castello della famiglia che crolla, prendersi la responsabilità di non fingere che va tutto bene. Ma anche il successo della serie non era stato facile da vivere: non mi sentivo all’altezza, avevo la sindrome dell’impostore. E non sempre volevo stare su quel set… Mio padre è morto mentre ero lì, avevo 15 anni, non vedevo gli amici perché non andavo a scuola e gli insegnanti venivano in camerino. Ad alcuni compagni ero diventata antipatica e altri, all’improvviso, volevano starmi intorno, ma in loro non sentivo verità. L’adolescenza già è terribile perché ti chiedi chi sei, io, in più, avevo il papà morto e un personaggio che dominava tutto”.

Nel libro appena pubblicato “Lara vuole essere felice – Romanzo zen” si parla un percorso verso la serenità. “Il percorso più importante è stato quello yogico, – ha raccontato – che ha a che fare col respiro e arriva con la morte di mio padre, finché divento insegnante nel 2008. Alle Hawaii, ho incontrato i primi sciamani e, a Bali, ho fatto percorsi yoga che si incrociavano con lo sciamanesimo e la meditazione nei boschi. Poi, ho fatto tanta psicoterapia bioenergetica, che fonda la sua ricerca di verità sul corpo e sul respiro. Quando ero in crisi per il divorzio, ho incontrato una sciamana con la quale ho usato erbe e spezie per riequilibrare il campo energetico. Come per Lara, si trattava sempre di ritornare al corpo e usare la natura per sentire, e per ritrovare la possibilità di essere felice”.

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