Mafie

Mafia, permesso premio per il boss ergastolano Pullarà: non si è mai pentito. Conosce i segreti sui soldi di Dell’Utri

È tornato a passeggiare tra le strade di Palermo il boss Ignazio Pullarà, uno degli uomini che custodisce i segreti dei soldi incassati da Marcello Dell’Utri. Lo storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù ha infatti ottenuto un permesso premio di 15 giorni. Condannato per mafia e per un omicidio, il 78enne ha […]

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È tornato a passeggiare tra le strade di Palermo il boss Ignazio Pullarà, uno degli uomini che custodisce i segreti dei soldi incassati da Marcello Dell’Utri. Lo storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù ha infatti ottenuto un permesso premio di 15 giorni. Condannato per mafia e per un omicidio, il 78enne ha ottenuto dal giudice di sorveglianza di Cuneo la possibilità di trascorrere due settimane a casa.

Dopo Paolo Alfano e Raffaele Galatolo, dunque, Pullarà è il terzo boss a godere di un permesso premio. A raccontare la vicenda è il giornalista Salvo Palazzolo sull’edizione palermitana di Repubblica. Considerato un detenuto modello, il boss di Santa Maria di Gesù non ha condanne per le stragi del ‘92-‘93, al contrario di Giovanni Formoso: uno degli uomini che caricò l’autobomba usata per la strage via Palestro, infatti, ora è in semilibertà a Scampia, nonostante sia stato condannato all’ergastolo e non abbia mai collaborato con la magistratura.

Stessa situazione di Pullarà, che non si è mai pentito. Fedelissimo di Stefano Bontade, lo tradì passando con i corleonesi di Totò Riina. In cambio ottenne la guida del clan di Santa Maria di Gesù. In questa veste incassò parte del denaro che arrivava da Arcore. A raccontarlo è il pentito Salvatore Cucuzza, riferendosi ad alcuni sfoghi raccolti da Vittorio Mangano tra il 1986 e 1987. In pratica il cosiddetto “stalliere di Arcore” gli aveva “manifestato il suo disappunto per il fatto che dal momento della sua detenzione (dal 1980 in poi) non aveva più ricevuto le somme di denaro provenienti da Berlusconi che sin da epoca precedente alla morte di Bontate aveva percepito e che in seguito (dopo la morte di Bontate) erano state date a coloro che avevano avuto la reggenza del mandamento di Santa Maria di Gesù, cioè i fratelli Pullarà”, scrivono i giudici nella sentenza di condanna di Dell’Utri a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra.

“Non conosco le motivazioni del permesso premio dato al Tribunale al boss Ignazio Pullarà, che credo si basi su una valutazione positiva dei comportamenti tenuti in carcere dagli interessati. Ma è esperienza comune che i boss in carcere si comportano formalmente bene pur restando in pieno inseriti nell’organizzazione. In realtà, l’unico criterio concreto di valutazione rimane ancora quello basato su manifestazioni effettive di distacco vero dalla mafia, prima fra tutte la collaborazione”, ha detto l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, all’agenzia Adnkronos. Secondo la senatrice Enza Rando, “un concatenarsi di cause – tra allungamento dei tempi processuali e permessi premio – sta producendo il susseguirsi di scarcerazioni inaccettabili”. L’esponente del Pd ha annunciato un’interrogazione al ministro Carlo Nordio su questa vicenda: “Bisogna ascoltare il grido d’allarme delle associazioni dei famigliari delle vittime di mafia e mettere un freno alle scarcerazioni con estrema urgenza, rischiano di avere una grave ricaduta sui territori per la ripresa dell’attività criminale”, scrive in una nota la senatrice del Pd Enza Rando.