“A parole si predica il meno tasse per tutti. Nei fatti, chi vive di salario o di pensione pagherà, nel 2024, oltre 17 miliardi di Irpef in più, a causa del drenaggio fiscale (inflazione che spinge i redditi verso gli scaglioni con aliquote più alte, ndr), finendo per finanziare di tasca propria anche il taglio […]
“A parole si predica il meno tasse per tutti. Nei fatti, chi vive di salario o di pensione pagherà, nel 2024, oltre 17 miliardi di Irpef in più, a causa del drenaggio fiscale (inflazione che spinge i redditi verso gli scaglioni con aliquote più alte, ndr), finendo per finanziare di tasca propria anche il taglio del cuneo, in una sorta di grande partita di giro a saldo zero”, lo sostiene il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, in audizione sulla manovra alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.
“Oltretutto, siamo al terzo anno di fila in cui si tenta di vendere come nuovo sostegno ai lavoratori ciò che nuovo non è affatto. È semplicemente la fiscalizzazione della vecchia decontribuzione, con la novità che la stragrande maggioranza del mondo del lavoro non solo non vedrà un euro in più in busta paga, ma ci perderà addirittura qualcosa”, aggiunge il sindacalista. “Non è questo il modo” di affrontare la questione salariale, prosegue, “un’emergenza che, evidentemente, il governo non ha alcuna volontà di risolvere, come dimostra l’intenzione di rinnovare i contratti del pubblico impiego, coprendo appena un terzo di quanto perso con l’inflazione”.
Il Pil “cresce dello zero virgola, la produzione industriale cala da 19 mesi consecutivi, precarietà, lavoro nero e sommerso colpiscono 6 milioni di lavoratori, l’evasione fiscale e contributiva è a quota 82,4 miliardi” e la manovra è “destinata a peggiorare ulteriormente le cose. In particolare, con quella vera e propria fiera dei tagli agli investimenti e ai servizi pubblici che condanna il nostro Paese a sette anni di austerità”, rimarca Ferrari, sostenendo che “a pagare il prezzo più salato di questa impostazione saranno lavoratori, pensionati, ceti popolari”.
Meno critica la posizione della Cisl espressa dal segretario confederale Ignazio Ganga. La legge di Bilancio, pur con “aspetti migliorabili e da modificare”, risponde “in modo significativo a diverse urgenze dei lavoratori, delle famiglie e del sistema socio-economico nel suo complesso”, afferma Ganga, sottolineando tuttavia che in fase di modifica e anche dopo il via libera al ddl servono misure “per sostenere crescita economica, occupazione, riforme, rinnovi dei contratti pubblici e privati”. Tra i punti su cui chiede di intervenire, innanzitutto la Cisl “si oppone al taglio strutturale degli organici nella scuola ed al blocco parziale del turnover nella Pa, nell’Università e nella Ricerca”. Dice no anche al taglio sul fondo automotive. Ritiene fondamentale “aprire il confronto su una riforma organica della previdenza per introdurre maggiore flessibilità, sostenibilità sociale e inclusione, specialmente per giovani e donne”.
La Uil giudica la legge di bilancio “del tutto insufficiente” per affrontare i problemi del paese e per migliorare le condizioni di vita delle persone”. È quanto ha dichiarato la segretaria confederale Vera Buonomo. “Le politiche in materia di fisco, previdenza, sanità e welfare non garantiscono un reale sostegno alle famiglie e non affrontano i problemi reali del precariato, della povertà lavorativa e delle diseguaglianze territoriali”.
“La conferma del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef a tre aliquote, ha sottolineato Buonomo, che la Uil aveva chiesto venissero rese strutturali, non incrementa il netto in busta paga rispetto a quest’anno. Anzi, la nuova formulazione, che trasforma l’esonero contributivo in una detrazione fiscale, in alcuni casi, determinerà addirittura una perdita”. Inoltre, ha proseguito Buonomo, “l’aumento delle pensioni minime, di soli tre euro, è incommentabile. La sanità, poi, viene definanziata, si taglia in modo sistematico sui ministeri e sulla spesa pubblica, si incentiva l’evasione, si ignora la piaga dei morti sul lavoro e gli unici investimenti previsti sono quelli del Pnrr. E ancora, l’extratassa sugli extraprofitti è semplicemente un prestito che verrà restituito entro due anni”.
“Oggi, quindi – ha concluso Buonomo – abbiamo espresso i motivi per cui siamo nettamente contrari a questa manovra e abbiamo spiegato le ragioni per cui abbiamo deciso di avviare la nostra mobilitazione sindacale, che porterà allo sciopero generale del 29 novembre“.