Il servizio sanitario nazionale è seriamente a rischio e la legge di bilancio non fa nulla per migliorare le cose, anzi. È questa, in estrema sintesi, la valutazione della Fondazione Gimbe (centro studi indipendente sulla sanità), espressa dal presidente Nino Cartabellotta, ascoltato stamane in audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato. Senza […]
Il servizio sanitario nazionale è seriamente a rischio e la legge di bilancio non fa nulla per migliorare le cose, anzi. È questa, in estrema sintesi, la valutazione della Fondazione Gimbe (centro studi indipendente sulla sanità), espressa dal presidente Nino Cartabellotta, ascoltato stamane in audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.
Senza “adeguate risorse e coraggiose riforme di sistema diremo definitivamente addio all’universalismo, all’uguaglianza e all’equità, princìpi fondanti del servizio sanitario nazionale”, ha spiegato Cartabellotta, sottolineando che le risorse stanziate sono ampiamente insufficienti per finanziare anche solo le misure già previste dal governo. All’appello mancano 19 miliardi da qui al 2030.
“L’incremento di 2,5 miliardi di euro per il 2025 aumenta il Fondo sanitario nazionale a 136,5 miliardi di euro, di fatto solo dell’1% rispetto a quanto già fissato nel 2024″, osserva il presidente di Gimbe. La situazione si fa ancora più allarmante se si guarda alla spesa sanitaria in rapporto al Pil: che scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, fino ad arrivare al 5,7% nel 2029. “L’aumento progressivo del Fondo sanitario nazionale in valore assoluto, sempre più sbandierato come un grande traguardo, è in realtà una mera illusione“, aggiunge Cartabellotta.
“Calcolatrice alla mano le misure previste dalla manovra per il periodo 2025-2030 hanno un impatto complessivo di oltre 29 miliardi di euro, mentre le risorse stanziate ammontano a circa 10,2 miliardi di euro“, chiosa. Ciò costringerà anche Regioni più virtuose a “tagliare i servizi e/o aumentare le imposte regionali”.
Inoltre, precisa Gimbe, mancano dal testo misure cruciali per la tenuta del servizio sanitario. “Innanzitutto, il piano straordinario di assunzione medici e infermieri” e “l’abolizione del tetto di spesa per il personale” e poi “risorse per ridurre o abolire il payback sui dispositivi medici e per gestire il continuo sforamento del tetto di spesa della farmaceutica diretta”, conclude.
La soddisfazione della sanità privata – “Per la prima volta in manovra è stato reso disponibile un incremento di risorse destinate ai volumi di prestazioni che i nostri erogatori producono per il Ssn. È stato un vero segnale di inversione di tendenza rispetto a un decennio di restrizioni ed è un contributo essenziale per il superamento delle liste di attesa. È tuttavia necessario un confronto sulle tariffe“. Lo ha sottolineato Gabriele Pelissero, presidente dell’Associazione italiana di ospedalità privata (Aiop).
Il pay back sui dispositivi medici “non è compatibile con la sostenibilità economica delle nostre imprese: qualora non fosse immediatamente bloccato gli effetti sarebbero davvero disastrosi, e ciò determinerebbe una minore disponibilità di dispositivi negli ospedali. È quindi urgente risolvere i problema e alle aziende deve arrivare un segnale chiaro”, dice invece Nicola Barni, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, durante l’audizione.
Apprezzamento dagli infermieri – “Esprimiamo apprezzamento per il quadro delineato dal disegno di legge di Bilancio, che restituisce un messaggio di presa di coscienza delle Istituzioni sulle difficoltà che sta attraversando la sanità nel nostro Paese. È ancora più significativo che il governo abbia scelto di investire nel settore infermieristico. Siamo fiduciosi che la strada intrapresa, anche se lunga, è quella giusta”. È quanto ha affermato la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli.
Misure inadeguate per famiglie e natalità – Riserve anche da parte di Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Associazioni Familiari. “Osare di più” di più sulle misure rivolte alla famiglia e per il rilancio della natalità perché “quelle introdotte sono significative ma insufficienti” ed in particolare “ci sorprende l’introduzione del bonus nuove nascite, inappropriato visto è ormai acclarato che non porta a nuovi nati. Mentre per noi l’assegno unico resta lo strumento essenziale per il supporto alla natalità”, ha detto davanti Commissione.
“Dobbiamo insistere nel segnalare che, ha aggiunto Bordignon, l’obiettivo finale deve essere quello di escludere totalmente dal calcolo dell’Isee le somme percepite a titolo di assegno unico. Non si può pensare che con un mano si fornisce sostegno e con l’altra si sottrae inserendo l’assegno unico come computo dell’Isee” . Bordignon si è augurato che presto si attui “la ristrutturazione legislativa dell’Isee”. Il presidente ha poi definito “positivo l’allargamento della decontribuzione delle lavoratrici madri anche alle autonome” sottolineando che “sarebbe opportuno che fosse esteso in modo più vasto” ed ha concluso: “Servono politiche strutturali, generose ed universali”.
“Non ci sono risposte soddisfacenti nella manovra di bilancio, anzi il welfare si indebolisce ulteriormente“, ha detto la portavoce del Forum del Terzo Settore Vanessa Pallucchi, chiedendo il mantenimento del regime di esclusione Iva per consentire la sostenibilità delle attività sociali. “Povertà e disuguaglianze crescenti, sanità pubblica inadeguata, disagio giovanile, crisi climatica: sono tutte priorità del nostro Paese che – ha sottolineato – questa Legge di Bilancio non sta affrontando. Se da una parte è prevista una misura di sostegno al reddito del ceto medio, dall’altro si riducono i servizi ai cittadini, anche attraverso i tagli a ministeri, Regioni e Comuni.