Mondo

Ad ogni regime i propri cospiratori. Funziona così anche in democrazia

Denunciare tentativi di complotti, svelare intrighi per destabilizzare l’ordine o il disordine costituito, sembra essere una delle specialità dei regimi polizieschi, militari o dittatoriali. Nell’Unione Sovietica staliniana, ad esempio, sappiamo che ogni tentativo di messa in discussione delle rivoluzione aveva condotto alla creazione di un un mondo sommerso di campi di detenzione. In essi milioni di persone considerate ‘dissidenti’ e dunque traditori della patria, passavano anni di rieducazione mentale spesso assieme a ‘delinquenti’ comuni.

La denuncia regolare, sistematica, organizzata e studiata di complotti, veri o presunti, segue canovacci che si ripetono. Accadono in momenti particolari di difficoltà e credibilità del regime, offrono valide alternative alle critiche e soprattutto compattano una parete dei cittadini increduli. In genere non manca mai, come nei film polizieschi, una spia o un ‘pentito’ che rivela le macchinazioni segrete dei nemici esteriori. Ad ogni regime i propri complotti.

Certo, anche nelle democrazie ben radicate ciò talvolta accade. Per questo ci si affretterà a sottolineare quanto le istituzioni abbiano agito con tempestività ai tentativi di destabilizzazione del regime democratico. Il tutto seguendo norme, principi e senza ricorrere, in genere, a stati di eccezione anche nel caso di cospirazioni. Sono cospiratori coloro che, animati da uno stesso respiro o soffio, preparano e organizzano strategie volte a sovvertire il tipo di società ch essi ritengono tradire i principi che li animano.

Com’è noto il consenso sulla parola ‘terrorismo’ è tutt’altro che acquisto. Il padre di colui che scrive, giovane partigiano che lottava contro la dittatura nazi-fascista nel suo paese, per alcuni era un ribelle, per altri un patriota e, naturalmente, per i fascisti e i tedeschi null’altro che un criminale. Eppure le cospirazioni esistono e c’è da sperare che non manchino mai persone che ‘respirino assieme’ il desiderio di un mondo differente. Ad ogni regime i propri cospiratori.

Rimangono, infine, i complici. Coloro che prendono parte in modo attivo, passivo e spesso secondario ai processi sociali in atto. Visibili, invisibili, presenti e assenti allo stesso tempo. La maggioranza silenziosa o allora coloro che Norbert Zongo, giornalista del Burkina Faso assassinato durante il regime di Blaise Compaoré, definiva ‘il silenzio dei buoni’. Lo stesso Zongo commentava che spesso ci sia impegna ma a ‘condizione che’ questo non arrechi problemi alla carriera, alla famiglia, alla vita. Grazie ai complici un regime prende il potere, si stabilizza, lo perpetua e lo giustifica.

Questa categoria di persone si presenta in modo trasversale ma sono soprattutto i ceti intellettuali e i circoli religiosi che sembrano intuire con maggiore prontezza i vantaggi di tale affiliazione. Essa si trasmette per contagio, convenienza, interessi e timore di perdere i privilegi acquisiti. Spesso, ma non necessariamente, di padre in figlio e di professione in professione. Alcune di queste sembrano più predisposte. In cambio dell’adesione al sistema al potere la garanzia di un posto di prestigio. Ad ogni regime i suoi complici.

Niamey, novembre 2024