“Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”, sono le parole di don Lorenzo Milani in L’obbedienza non è più una virtù scritto nel 1965. Oggi, 59 anni dopo, non c’è rimasto più nulla: il popolo né va più a votare e tanto meno crede nello strumento dello sciopero.

Giovedì il più grande sindacato italiano, la più antica organizzazione del lavoro esistente nel nostro Paese ha proclamato lo sciopero nel mondo della scuola. Risultato? Alle sei di ieri sera, l’adesione su base nazionale era del 5,20% (secondo dati ufficiali raccolti con rilevazioni sul 56,68% delle scuole). Più o meno un anno fa, il 17 novembre, il dato di una manifestazione organizzata con la Uil era del 6,55% sempre sulla stessa base e alla stessa ora. Quasi due punti percentuali in meno in 365 giorni.

Fa impressione – almeno io mi stupisco nonostante per molti sia scontato – vedere questi dati e soprattutto osservare che tra le adesioni dei dirigenti scolastici la Flc Cgil è arrivata a un minimo storico dello 0,73% contro il 2,47% dell’anno scorso. Chiaramente si registra un calo anche tra i docenti: 4,93% contro il 6,53% del 2023. Rimane più o meno stabile il dato degli Ata (anche se in diminuzione) ovvero 6,66% del 2024 vs 6,87% del 2023 così gli educatori attorno al 2%. Ci son regioni come l’Umbria, il Veneto, Trento e Bolzano e il Molise dove la tabella dei numeri ufficiali segna lo 0%.

Attenzione: chi scrive non si rallegra di questi dati! Anzi da sempre sostengo che lo sciopero sia e debba essere uno strumento del lavoratore per manifestare il proprio dissenso. Da quando esiste l’Invalsi, chi scrive, sciopera indipendentemente da chi proclami la protesta. Ho avuto in tasca la tessera della Cgil e ora ho quella della Cisl e ammiro il lavoro di molti sindacalisti amici che provano ancora a difendere i diritti dei lavoratori.

Ma è chiaro di fronte a questi dati che non possiamo restare indifferenti. Bisogna farsi delle domande: perché i lavoratori non scioperano più? Perché proprio (guarda caso) i dirigenti non sentono l’esigenza di manifestare contro un governo di destra? Perché il più importante sindacato italiano arriva ad avere questi numeri? Perché tra i colleghi non si è nemmeno sfiorato il discorso dello sciopero?

Potrebbe apparire vanesio dare delle risposte ma credo sia un tentativo necessario farlo in questo momento storico.

Primo: banalmente il costo della vita è così aumentato che uno si guarda in tasca prima di perdere dei soldi. Una frase, quella appena scritta di una banalità allucinante se non fosse legata al fatto che oggi degli ideali, della lotta comune, degli interessi comuni della Scuola gliene frega più a nessuno. Se toccano i “miei” interessi allora son pronto a tutto altrimenti “finché la barca va lasciala andare”. Un panorama che non si è creato “a caso” ma grazie a un sindacato che non ha più fatto politica e si è seduto al tavolo con i “padroni” a banchettare. Non è così strano, infatti, che siano i presidi a sentir meno di tutti l’esigenza di manifestare.

Secondo: lo sciopero non è più considerato uno strumento di protesta. Anzi la protesta non è più manifesta. Meglio star zitti, farsi gli affari propri che metterci la faccia.

Terza: la paura. Timore di farsi sentire e vedere, creato da presidi (molti non tutti) che preferiscono avere collegi docenti silenti e leccaculo che parlanti. In questi anni ho avuto un dirigente che “terrorizzava” gli insegnanti ricordando loro che lo sciopero crea un disagio ai genitori. Meglio, in sostanza, far vedere che la ditta funziona.

Soluzioni? Non ne ho. La mia “arroganza” non arriva al punto da avere conclusioni. Sarà banale ma a buttare pietre sulla tomba della Scuola è stato anche (sottolineo) anche il sindacato. Certo sindacato, perlomeno.

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