È in corso un terremoto all’interno del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu. Mentre il premier annuncia il licenziamento del ministro della Difesa, Yoav Gallant, e dopo l’arresto, il 3 novembre scorso, del suo portavoce, accusato di essere la talpa che ha permesso la fuga di notizie altamente riservate durante i colloqui su Gaza, Channel 12 diffonde la notizia di un’irruzione della polizia nell’ufficio del capo del governo, in un’operazione senza precedenti. Fonti vicine a Netanyahu citate da Haaretz sostengono inoltre che il premier stia valutando la possibilità di licenziare anche i capi dell’Idf, Herzi Halevi, e dello Shin Bet, Ronen Bar, in quella che appare sempre più una resa dei conti interna all’esecutivo di Tel Aviv proprio nel giorno in cui l’attenzione internazionale è concentrata sulle elezioni americane. Una resa dei conti che potrebbe colpire anche Bibi, dato che la polizia israeliana, la stessa che ha condotto l’operazione nei suoi uffici, è controllata dal ministero per la Sicurezza Nazionale guidato dall’alleato estremista Itamar Ben Gvir.

Non è ancora chiaro se il blitz sia collegato alle indagini sulla fuga di notizie, già ribattezzata Bibileaks, o all’inchiesta di cui si è appreso martedì sui presunti tentativi di falsificare i verbali delle riunioni di gabinetto di guerra. Il governo è infatti in subbuglio dopo che l’unità Lahav 433 della polizia ha comunicato di aver aperto un’indagine penale su “eventi che risalgono all’inizio della guerra” e secondo la quale funzionari dell’ufficio del primo ministro hanno tentato di modificare o “disturbare” alcuni dei protocolli, delle trascrizioni di discussioni nel gabinetto di governo e persino delle conversazioni telefoniche sugli aggiornamenti di sicurezza con i ministri, guidati dal premier. Nell’ambito dell’inchiesta “sono state condotte una serie di attività investigative evidenti”, hanno poi aggiunto. Ynet riferisce che un alto funzionario dell’ufficio di Netanyahu sarà interrogato e che l’indagine è collegata alle segnalazioni di inizio anno secondo le quali il premier ha tentato di mantenere riservate le sue conversazioni sulla gestione della guerra a Gaza. Ynet riferì all’epoca che alti funzionari della sicurezza temevano tentativi di modificare i verbali delle discussioni tenutesi in tempo di guerra con il premier dopo aver scoperto delle discrepanze tra le trascrizioni degli incontri e quello che i testimoni avevano sentito in tempo reale. Anche Channel 12 sostiene che l’inchiesta vada avanti da mesi e a giugno era stata emessa un’ordinanza di silenzio sul caso, definito “sensibile dal punto di vista della sicurezza e per gli effetti sul pubblico”, pertanto al momento è consentita la pubblicazione solo di dettagli parziali sulle indagini.

Dopo la notizia, l’ufficio del premier ha voluto diffondere una nota che conferma il clima infuocato nell’esecutivo e nella quale si definisce l’indagine “una spedizione di caccia senza precedenti nel mezzo di una guerra. Dopo un anno di fughe di notizie provenienti dalle discussioni del gabinetto e dai servizi sugli ostaggi, le uniche due indagini aperte sono contro l’ufficio del premier e non contro i divulgatori che hanno causato enormi danni ai rapiti e alla sicurezza. Come negli altri tentativi di gonfiare accuse contro il primo ministro e il suo entourage, anche in questo caso la montagna non darà alla luce nemmeno un topolino”.

Intanto, il tribunale di Rishon Lezion ha prolungato di altri sei giorni la custodia cautelare per il principale sospettato dello scandalo Bibileaks, Eli Feldstein, che rimarrà in custodia almeno fino a domenica prossima. In giornata si terranno anche le udienze per estendere la detenzione di altri due indagati, tra cui un ufficiale dell’Idf arrestato lunedì.

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