Giustizia & Impunità

“Indagare sugli intrecci tra la morte di David Rossi e le ‘ndrine”: la commissione d’inchiesta manda le carte alla procura di Bologna

Ci sono ombre della ‘ndrangheta intorno al caso di David Rossi, il responsabile della comunicazione di Mps morto precipitato dal suo ufficio in banca il 6 marzo 2013? È quello che chiede di approfondire la Commissione parlamentare d’inchiesta: insomma, appurare se ci sono connessioni tra la morte violenta del manager e la criminalità organizzata, in […]

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Ci sono ombre della ‘ndrangheta intorno al caso di David Rossi, il responsabile della comunicazione di Mps morto precipitato dal suo ufficio in banca il 6 marzo 2013? È quello che chiede di approfondire la Commissione parlamentare d’inchiesta: insomma, appurare se ci sono connessioni tra la morte violenta del manager e la criminalità organizzata, in particolare, ha spiegato il presidente Gianluca Vinci, riguardo a “presenze della ‘ndrangheta o di ‘ndranghetisti” intorno al contesto della banca senese e al decesso di Rossi.

“Non abbiamo una pista. Vogliamo chiarire i fatti. Un aspetto – ha spiegato Vinci – che si è sempre detto, ma non è mai stato affrontato in concreto è la presenza di personaggi vicini alle ‘ndrine”. “O che sia suicidio o un caso di omicidio”, ha concluso Vinci, “fare questo accertamento” sulla criminalità organizzata chiarisce che “se c’è la presenza di ‘ndranghetisti nelle vicinanze, la tensione intorno è superiore a quello che è nella normalità delle cose”, tali “approfondimenti sul lungo periodo possono contribuire, se non al caso Rossi, a svelare o risolvere altri reati”.

Quello che è emerso – ha sottolineato Vinci – è che “molto materiale raccolto dalla procura di Siena e in parte dalla Commissione riguarda fatti direttamente ricollegabili alla criminalità organizzata calabrese”. Quindi il presidente della commissione d’inchiesta ha proseguito: “Singoli fatti, riportati di per sé potrebbero non rappresentare reati per la procura ordinaria, ma potrebbero avere interesse per la Dda che ha una capacità di indagine più ampia per territorio e per arco temporale di riferimento”. Vinci ha sottolineato anche l’opportunità, che la Commissione vuole stimolare, di intrecciare con i documenti ufficiali, sia atti giudiziari e di indagine che della Commissione, “il numero ingente di notizie uscite a mezzo stampa in oltre 10 anni, che dalla pubblicazione sono rimaste via via senza riscontro significativo”.

“Vogliamo dare un nuovo impulso – ha anche detto – Vogliamo innescare la possibilità di affrontare questa vicenda sotto vari aspetti. Mentre la morte di Rossi sicuramente ha necessità di indicare un movente, un esecutore, e si tratta di un reato ordinario, di un delitto” invece “tutto quello che riguarda la criminalità organizzata che si è avvicinata a questa vicenda va affrontato con tecniche differenti”, ha proseguito Vinci.

“Nonostante da tempo si parli della presenza di criminalità organizzata” nel caso Rossi, “ha stupito che non vi sia stata da parte delle procure e da parte della precedente Commissione, e non se ne conoscono bene i motivi, nessun tipo di segnalazionerichiesta di collaborazione di materiale in nostro possesso” da condividere con “la Dda, in particolare quella di Bologna che svolge indagini su soggetti in qualche modo toccati dall’inchiesta su Siena e sul caso David Rossi”.

Vinci, a titolo di esempio di notizie di stampa da tenere in considerazione, ha riportato il fatto che “il numero digitato da Rossi sul cellulare la sera della morte, il numero 4099009″, di cui all’epoca non si capiva rilevanza, è poi risultato corrispondere a “un certificato di deposito ordinario a tasso fisso al portatore rilasciato dalla filiale di Viadana (Mantova) della Banca popolare di Puglia e Basilicata”. Al riguardo, ha ricordato Vinci, è “certo solo che David Rossi andava a Viadana perché Mps era sponsor del Rugby Viadana”, ma “oggi sappiamo da sentenza del tribunale di Reggio Emilia nelle motivazioni del 20 luglio 2023” di un processo contro la ‘ndrangheta “che in quella filiale di quella stessa Banca Popolare della Puglia e della Basilicata, quanto meno, dal 2017 c’era un conto corrente intestato a un altro soggetto ma concretamente utilizzato da un altro, ossia Salvatore Grande Aracri, soggetto ‘ndranghetista dell’omonimo clan con infiltrazioni in tutta l’Emilia Romagna e bassa Lombardia”.