La ricercatrice del think tank: "I movimenti sono lenti e non stanno avvenendo alla velocità di cui avremmo bisogno, ma ci sono Paesi che stanno facendo dei passi in avanti. Dovremmo immediatamente smettere di investire in nuovi progetti fossili"
Le elezioni statunitensi. Un mondo estremamente frammentato, con conflitti che si intensificano. Una nuova Commissione europea appena insediata. Il G20 in Brasile. È in questo clima di grande incertezza che si sta per aprire la COP29, che si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre prossimo. È una COP, come ci spiega Giulia […]
Mitigazione, adattamento, finanza: sono i tre pilastri centrali in ogni COP. Possiamo fare il punto?
La mitigazione, ovvero le azioni di riduzione delle emissioni a livello globale, per non superare la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale, è centrale. L’obiettivo 1,5 sembra oggi a rischio, come ha evidenziato la scorsa settimana il rapporto sui divari emissivi del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), ma occorre a tutti i costi provare a difenderlo. L’anno scorso a Dubai è stato raggiunto un accordo senza precedenti, per la prima volta nella storia delle COP è stata chiaramente espressa la necessità di abbandonare tutte le fonti fossili, causa primaria delle emissioni che causano il cambiamento climatico, ovvero carbone, petrolio e gas naturale. Nel testo di Dubai c’è un impegno a triplicare le rinnovabili a livello mondiale, raddoppiare l’efficienza energetica ma soprattutto abbandonare le fonti fossili.
Cosa abbiamo fatto di tutto questo?
I movimenti sono lenti e non stanno avvenendo alla velocità e con la portata di cui avremmo bisogno. Si tende a considerare il gas come una fonte di transizione. Al contrario, dovremmo immediatamente smettere di investire in nuovi progetti fossili e continuare a investire nelle rinnovabili che, come ha dimostrato di recente un report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, stanno prendendo piede rapidamente.
Da questo punto di vista, vorrei menzionare una iniziativa che stiamo sostenendo, il TeraMed, supportata da Irena, ovvero la International Renewable Energy Agency, l’Unione per il Mediterraneo e altre organizzazioni regionali e internazionali, per individuare un target di 1 terawatt di capacità installata di energie rinnovabili entro il 2030 nella regione del Mediterraneo. I paesi del Mediterraneo hanno grandi potenzialità di sviluppo e cooperazione sulle energie pulite. 1 Terawatt è un obiettivo ambizioso ma assolutamente a portata di mano. Questa iniziativa è in grado di dare concretezza alla transizione energetica, passando da obiettivi globali a operazioni regionali. In una regione, quella del mediterraneo, caratterizzata da conflitti e ineguaglianze e un ruolo storicamente importante delle fonti fossili, la cooperazione tra i paesi dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente per il TeraMed faciliterebbe lo sviluppo verde dell’intera regione, nuovi investimenti e opportunità di lavoro per milioni di persone
Si dice che questa COP sia quasi di transizione. In che senso?
Baku si trova a fare da ponte tra due importanti COP, la COP28 di Dubai e la prossima COP30 in Brasile. Nel 2025, a Belem, ci sarà infatti la presentazione dei nuovi obiettivi e piani nazionali di riduzione delle emissioni al 2035, i cosiddetti NDCs (Nationally Determined Contributions) come stabilito dagli accordi di Parigi. Sarà un momento per fare un bilancio a metà di questa decade fino al 2030, definita cruciale per l’azione climatica: è in questa decade che decidiamo il nostro futuro. Quindi ogni COP è importante allo stato attuale.
Qual è il ruolo della finanza?
A Baku la finanza sarà l’elemento chiave per rilanciare la fiducia tra i paesi del nord e del sud del mondo. I paesi più vulnerabili chiedono supporto sia per implementare la transizione e trasformare le proprie economie che per sostenere i costi sempre più alti degli impatti del cambiamento climatico. Spesso, infatti, sono i paesi del cosiddetto Sud globale a subire gli impatti più disastrosi, si pensi al continente africano, ma non solo come è emerso dai tragici eventi di Valencia. A Baku si deciderà il nuovo obiettivo di finanza per il clima (New Collective Quantified Goal – NCQG) che sostituirà il precedente obiettivo dei 100 miliardi annui, che non è mai stato raggiunto se non solo nel 2022. Secondo diversi studi non sarebbero necessari né milioni, né miliardi ma migliaia di miliardi.
Il discorso sulla finanza va oltre e si intreccia con la necessità di una riforma più ampia dell’architettura finanziaria internazionale, che è ormai obsoleto e non rispecchia le dinamiche e le sfide globali attuali. Con queste riforme, chieste a gran voce dal sud, si dovrà metter mano alla questione del debito che strangola le economie più deboli. Questo tema sarà centrale anche al G20 di Rio che si terrà in concomitanza con la COP ed è stato affrontato anche dalla recente riunione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Iran), che sta emergendo come una nuova forza geopolitica nello scacchiere internazionale.
E l’Italia che ruolo ha?
L’Italia può assumere un ruolo guida sulla finanza, sia alla COP29 che al G20, per mobilitare gli investimenti e le riforme necessari. L’anno scorso a Dubai l’Italia ha annunciato contributi significativi. Sulle rinnovabili inoltre potremmo fare tantissimo, anche assumendo un ruolo di leadership nel Mediterraneo, attraverso l’adesione all’iniziativa TeraMed, che si allinea perfettamente con gli obiettivi del Piano Mattei, per una cooperazione paritaria con i paesi africani per creare sviluppo, garantire sicurezza energetica e stabilità nella regione. L’impegno a sviluppare un terawatt di energie rinnovabili potrebbe rimettere al centro l’Italia e il suo sistema, rilanciando una visione a lungo termine e un approccio strategico che ancora, sulla transizione energetica della regione, non si è ancora visto.