La sua avventura alle Olimpiadi di Parigi 2024, culminata con la vittoria della medaglia d’oro, l’ha fatta diventare un personaggio conosciuto a livello planetario. Ma non tanto per i successi sul ring. Imane Khelif è la pugile algerina iperandrogina finita al centro della polemica politica per la sua partecipazione ai Giochi. Con la sua battaglia contro le accuse, le polemiche e i pregiudizi è diventato un simbolo soprattutto in Algeria e nel mondo arabo. Dopo aver annunciato un documentario sulla sua esperienza olimpica, Khelif è stata scelta anche come protagonista del numero di novembre di Vogue Arabia. La pugile algerina infatti è stata scelta come simbolo del “Made in Arabia” e la sua è diventata la storia di copertina del mensile.

La pugile algerina è stata oggetto di un intenso dibattito sul suo genere sui social media e di accuse sulla sua identità di genere, comprese quelle infondate di essere transgender. Un caso che si è intensificato soprattutto dopo aver affrontato e battuto la pugile italiana Angela Carini, ritiratasi dopo soli 45 secondi. Inoltre, sempre lo scorso agosto, Khelif aveva presentato una denuncia al Centro per la lotta all’odio cibernetico presso la Procura di Parigi, citando, tra gli altri, anche il miliardario Elon Musk e la scrittrice J.K. Rowling che avevano contribuito ad amplificare gli attacchi online contro di lei.

Il racconto di Imane Khelif
“Il mio Paese mi è stato accanto con grande convinzione, guidato dal presidente Abdelmadjid Tebboune, che è stato il primo a sostenermi. Tutte le autorità e l’intero popolo algerino erano dalla mia parte e ne sono molto orgogliosa“, ha raccontato Khelif a Vogue, ripercorrendo i suoi giorni di vittorie e di sofferenza a Parigi 2024. “È stata un’esperienza molto difficile”, ha spiegato, “nonostante la vittoria della medaglia d’oro, quell’evento è sembrato una vita intera”. Ma le accuse di essere un uomo, nata da un rapporto medico dell’Iba (l’associazione internazionale di boxe) che le aveva impedito di partecipare ai precedenti mondiali, hanno anche dato la carica alla pugile algerina: “Senza tali sfide, non sarei mai diventata una campionessa”.

Khelif a Vogue ha raccontato anche la strada per diventare una campionessa: “La boxe è semplicemente una questione di volontà, determinazione, forza e pazienza. Richiede sacrifici. Ma qualsiasi cosa difficile per una donna può essere una fonte di ispirazione“. La pugile ha quindi ricordato le sue difficoltà da giovane: “Vendevo pane ai bordi della strada e raccoglievo plastica, alluminio e ferro per risparmiare denaro per tornare in palestra. Il mio allenatore, Mohamed Chaoua, mi diceva sempre che un giorno sarei diventata una campionessa olimpica“. Un’ossessione che ha permesso a Khelif di superare ogni ostacolo: “Ho fatto sacrifici in molti ambiti: nella mia vita personale, nella mia istruzione. Ho fatto di tutto per raggiungere la vetta“. La vetta che oggi è la medaglia olimpica. Anche se per Khelif il successo olimpico è un nuovo inizio: tra pochi mesi diventerà a tutti gli effetti una boxeur professionista.

L’Olimpiade di Imane Khelif
Durante le settimane trascorse a Parigi, Khelif ha dovuto affrontare falsità e illazioni sulla propria identità di genere da parte di leader mondiali, celebrità e colleghi sportivi che hanno messo in dubbio la sua idoneità a partecipare alle Olimpiadi nella competizione femminile. Le ultime rivelazioni del presidente del Coni, Giovanni Malagò, relative al match tra l’algerina e la pugile italiana Angela Carini, hanno reso evidente come Khelif sia finita al centro di una guerra di potere internazionale tra Iba (l’associazione internazionale di boxe) e Cio, il Comitato olimpico internazionale che già da Tokyo aveva escluso l’Iba dall’organizzazione dei Giochi. La medaglia d’oro di Khelif è stata la prima algerina nel pugilato femminile, la seconda d’oro nel pugilato della nazione, dopo Hocine Soltani (1996) e la settima medaglia d’oro nella storia olimpica algerina.

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