In Israele è quasi un plebiscito per Trump. A Gaza, questo o quella pari sono, entrambi una pessima opzione. Sono alcune indicazioni che giungono da uno degli epicentri delle crisi geopolitiche in corso. Utile ricordare che l’amministrazione di Joe Biden in questo ultimo anno ha destinato ad Israele 18 miliardi di dollari in varia forma, prevalentemente per rifornire lo stato ebraico di armi, bombe e munizioni.
Nonostante più dei due terzi degli ebrei americani si identifichino con il Partito democratico e oltre la metà dell’elettorato israeliano voti a sinistra, nello Stato ebraico, secondo i sondaggi delle tv, il 70% della popolazione tifa per una vittoria di Trump. Dai rilevamenti emergono forti timori, quando non angoscia reale, sull’eventualità che alla Casa Bianca si insedi Kamala Harris e che il sostegno “incrollabile” a Israele, dichiarato da Joe Biden a prescindere dalle frizioni con Benjamin Netanyahu, possa vacillare.
Tuttavia neppure il feeling con Trump è esente da incrinature. Funzionari israeliani, citati dai media locali, hanno espresso preoccupazione per l’insistenza del tycoon su una rapida fine della guerra a Gaza e in Libano. Secondo alcuni commentatori, se fosse eletto 47mo presidente vorrebbe arrivare al cessate il fuoco entro il suo insediamento, sconvolgendo i piani di Israele.
Ma i sostenitori di Trump ritengono che il suo curriculum dal 2017 al 2021 parli chiaro: ha ribaltato decenni di liturgie sul Medio Oriente, sostenendo la rivendicazione di Israele su Gerusalemme, le alture del Golan e parti della Cisgiordania, tagliando i fondi ai palestinesi, ritirandosi dall’accordo sul nucleare con l’Iran e mediando accordi di normalizzazione tra Stato ebraico e Paesi arabi.
Gli abitanti di Gaza, sfollati a causa della guerra, hanno poche speranze che il vincitore delle elezioni presidenziali avrà un qualche impatto positivo sulle loro vite, indipendentemente che si tratti di Trump o Harris.
Lo riferisce il quotidiano israeliano progressista Haaretz che ha intervistato alcuni residenti della Striscia. Mustafa, originario di Gaza City e attualmente a Rafah, ha dichiarato che “entrambi sono cattive opzioni: democratici o repubblicani, sostengono Israele senza riserve“. “I democratici sono un po’ meglio. Ad esempio, invece di inviare i loro militari a occupare Gaza, forniscono a Israele solo armi per un anno intero e un assegno aperto di miliardi di dollari”, ha detto Mustafa.
Hussam, un 28enne del campo di Jabalya nel nord della Striscia, ha commentato: “Non sono molto interessato alle questioni politiche degli Stati Uniti. Entrambi i candidati sono delle cattive opzioni e, onestamente, non mi dispiacerebbe se scoppiasse una guerra civile negli Stati Uniti”